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Crisi?

Ultimo Aggiornamento: 29/05/2009 12:53
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06/05/2009 01:25

Usa: banca distrugge ville. «I proprietari non pagano e ci costa mantenerle»

WASHINGTON – Prima o poi doveva capitare. Per non perdere altri soldi, una banca ha fatto abbattere sedici sontuose nuove ville di cui si era rimpossessata. Gli acquirenti non erano riusciti a onorare i contratti, e la banca, impossibilitata a trovarne altri, ha deciso di limitare i danni. Mantenere le case in periodo di crisi le sarebbe costato vari milioni di dollari. Con poche centinaia di migliaia di dollari, ha risolto il problema.

RUSPE - Sotto gli occhi di una folla sorpresa e infuriata, le ruspe hanno spianato gli edifici. L’incredibile episodio è avvenuto a Victorville, città di centomila abitanti circa a 150 km circa a nord di Los Angeles, nella provincia di San Bernardino in California. Nel settembre del 2007, quando la Guaranty Bank del Texas aveva dato il via alla costruzione, il prezzo medio di vendita di una villa era di 325 mila dollari. Ma adesso è sceso di più della metà. Ha dichiarato Yvonne Herter, la portavoce della banca: «Non avevamo più scelta. Nessuno compra. Badare alle case, ai giardini, alle strade ci sarebbe costato troppo». La Guaranty Bank ha realizzato qualche soldo vendendo a prezzi stracciati le suppellettili delle ville, dai tavoli di marmo ai vasi di fiori. Un muratore, Curtis Forrester, che le aveva costruite con i compagni, ha trascorso quasi due settimane a trattare coi clienti. «Non ero mai vissuto in tanta agiatezza», ha ammesso. «Distruggerle è un vero peccato». E abbandonarle? «Impossibile», ha spiegato Yvonne Herter, «lo vietano i regolamenti comunali e a poco a poco avrebbero inquinato l’ambiente».

SETTORE FERMO - L’idea di assegnarle pro tempore ai senza tetto non ha sfiorato nessuno. Non è escluso che l’episodio si ripeta. In California, sono stati sospesi i lavori su quasi 10 mila ville e altri edifici adibiti ad abitazione, e altri Stati, l’Arizona, il Nevada, la Florida, si trovano in situazioni analoghe. In America a marzo, le vendite delle case già esistenti sono salite del 3,2 per cento, un salto inaspettato. Ma la crisi dei mutui subprime o ad alto rischio continua e il settore immobiliare è tuttora in panne. Per evitare che il cattivo esempio della Guaranty Bank venga seguito da altre banche bisogna che gli Stati intervengano. Ma come? In America, l’edilizia pubblica è sempre stata molto debole.

corriere.it

[SM=g1336780]
[Modificato da cuix 06/05/2009 01:27]
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12/05/2009 20:54

Bill Gates: «La crisi? Il capitalismo diventerà più creativo»

Ha solo qualche ruga in più. Per il resto è il solito Bill Gates, con l'abito a quadretti d'un grigio indefinibile, i mocassini italiani di pelle intrecciata, negli occhi la stessa curiosità di quand'era ragazzino. Ma dai vecchi tempi di Microsoft molto è cambiato. Un anno fa, poco prima di lasciare tutti gli incarichi operativi nel gruppo per dedicarsi a tempo pieno all'organizzazione filantropica che porta il suo nome e quello della moglie Melinda, ha sorpreso la platea di banchieri e imprenditori del World Economic Forum di Davos parlando della necessità di una riforma profonda del capitalismo globalizzato, in modo che i benefici ricevuti dai due terzi della popolazione mondiale vengano estesi anche all'ultimo terzo, a quei 2 miliardi di persone finora escluse. «Capitalismo creativo», lo ha chiamato. E all'inizio del 2009, nel pieno della crisi finanziaria globale, ha ribadito quel messaggio in una lettera aperta pubblicata dalla Gates Foundation. «La prima epistola di San Bill», ci ha scherzato sopra l'Economist.

Mister Gates, crede che qualcosa sia cambiato da quando ha lanciato il suo «manifesto politico»?
«Assolutamente sì. Molte grandi aziende multinazionali stanno lavorando oggi con la fondazione Gates su progetti specifici in Paesi meno sviluppati, mettendoci denaro, competenze, prodotti. Parlo di imprese alimentari come Nestlé o Unilever, che stanno sviluppando nuovi prodotti basati su materie prime locali e metodi innovativi di distribuirli. Ma parlo anche di imprese di telecomunicazioni mobili, di chimica, farmaceutica, biotecnologie, il cui contributo è decisivo per le popolazioni di aree dove sono estremamente diffuse malattie recenti come l'Aids o antiche come malaria, poliomelite, dissenteria».
E i governi? Dove sono finite le promesse dei leader del G8 e G20?
«Per certi aspetti i programmi economici di aiuto allo sviluppo stanno portando a notevoli risultati, come nel caso della lotta alle malattie o nell'aumento della produzione agricola. Ci sono governi di paesi come Germania e Gran Bretagna che hanno sensibilmente aumentato il loro impegno verso il mondo più povero. Ci sono poi nazioni che hanno una lunga tradizione di grande generosità, dalla Norvegia alla Svezia. dall'Olanda alla Danimarca. Ma ci sono purtroppo anche paesi da biasimare. Mi dispiace dire che il comportamento dell'Italia è molto deludente».
Si riferisce alla Finanziaria che indica una riduzione degli aiuti allo sviluppo ad appena lo 0,1% del prodotto interno lordo?
«Si tratta di un taglio della metà rispetto al livello precedente, che già era esiguo. Spero che qualcosa cambi».
In questi giorni ha incontrato il ministro Giulio Tremonti: gliene ha parlato?
«Mi rendo conto delle difficoltà di bilancio dovute alla crisi mondiale. E so che il ministro Tremonti è molto sensibile ai problemi delle aree del mondo meno sviluppate. Ha già dimostrato il suo impegno, per esempio, nei progetti per i vaccini anti malaria. Gli ho detto che non è giusto tagliare i fondi. Spero ci ripensi».
Qualche settimana fa lei ha dichiarato che gli effetti dell'attuale crisi si faranno sentire ancora per anni. Ma, una volta superata, pensa che tutto tornerà come prima? Stesso modello di capitalismo, stesso livello di consumi, stessi squilibri economici e finanziari?
«Questa fase di difficoltà può rappresentare in realtà un'occasione di ripensamento. Per le persone è il loro stile di vita. E per i governi, che dovrebbero orientarsi verso politiche più efficaci e sostenibili, per esempio in tema energetico».
Le tecnologie avranno sempre un ruolo trainante?
«Lo hanno sempre avuto. Da qui in avanti, basta pensare per esempio che cosa potrà rappresentare Internet per l'educazione scolastica. O a che cosa ci potremo permettere quando, fra una decina d'anni, saranno i robot a svolgere i nostri lavori di casa».
Negli Usa, ma anche in Europa, si discute sul ruolo e sui compensi di top manager che in certi casi hanno portato le aziende al disastro.
«C'è senza dubbio bisogno di modifiche nella governance delle imprese. Questo vale soprattutto per gli Stati Uniti, meno per l'Europa. Le remunerazioni dovrebbero essere legate più a risultati di lungo corso che non a performance a breve».
Solo pochi mesi fa nessuno avrebbe immaginato che l’italiana Fiat potesse lanciare operazioni come quelle con Chrysler in America e Opel. Questa crisi cambierà l'intera mappa dell' industria mondiale?
«Non sono certo un analista del settore, ma il dinamismo mostrato da Fiat su scala mondiale mi ha davvero impressionato. Ma altri elementi porteranno ancora maggiori cambiamenti, anche se ci vorrà più tempo. Penso a motori a minor consumo energetico, a tecnologie per auto a impatto ambientale zero».
Il suo amico Warren Buffett ha osservato che la filantropia è «un gioco molto più difficile che non fare soldi con un'azienda».
«Warren è un tale genio che non mi permetterei mai di essere in disaccordo con lui. La differenza è che quando gestisci un'azienda capisci subito cosa stai facendo di giusto o sbagliato dalla risposta dei consumatori. Il lavoro in una fondazione produce invece risultati in tempi più lunghi. Ed è difficile capire prima di allora se si sta andando nella giusta direzione».
Lotta alla povertà e alle malattie nel mondo meno sviluppato, miglioramento dell'istruzione scolastica di base negli Usa: quest'anno la Gates Foundation investirà 3,6 miliardi di dollari, con progetti sempre più ambiziosi. Troppo?
«Lavoriamo in una serie di Paesi con malattie molto diffuse fra la popolazione. Altri in cui diamo incentivi in campo educativo. Qualche programma ha funzionato bene, altri meno. Il punto è capire perché e correggere il tiro per evitare sprechi».
Mister Gates, lei si è posto l'obiettivo di sradicare la poliomielite nel mondo, di dimezzare le morti per malaria entro il 2015, di dimezzare complessivamente entro il 2020 il numero di bambini che muoiono per le malattie più diffuse nei Paesi poveri, portandoli a non più di 5 milioni l'anno. Mete raggiungibili?
«Per la polio, siamo sulla buona strada per eliminarla. Certo, ci sono Paesi come India, Nigeria, Pakistan, Afghanistan dove la sfida è particolarmente difficile. Ma, con la collaborazione fra governi e la Fondazione, resto fiducioso».

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15/05/2009 12:37

Pil primo trimestre -5,9% - E' il dato peggiore dal 1980
Il ministro dell'Economia Paperoga


ROMA - Il Prodotto interno lordo dell'Italia è calato nei primi tre mesi dell'anno del 5,9% rispetto allo stesso trimestre del 2008. Il calo rispetto al trimestre precedente è del 2,4%. Lo rileva l'Istat, che precisa che dati tanto negativi non si registravano dal 1980, cioè dall'inizio della serie storica. Peraltro, quattro trimestri consecutivi di calo non si vedevano dal 1992-1993, quando i cali furono sei, ma di minori entità.

Sulla base degli attuali dati, è del 4,6% il calo della crescita già acquisito per il 2009. In pratica, spiega l'Istat, anche se i prossimi trimestri vedranno una variazione nulla, si registrerà un calo del Pil pari al 4,6%. Un dato peggiore di quello previsto dalle ultime stime del governo, inserite nella Relazione Unificata sull'Economia e Finanza (Ruef): - 4,2%.

Le stime dell'Istat, elaborate sulla base delle prime informazioni finora disponibili, indicano che nel primo trimestre 2009 il Pil "il risultato congiunturale del Pil è la sintesi di una diminuzione del valore aggiunto dell'agricoltura, dell'industria e dei servizi". Nel periodo, inoltre, si è avuta una giornata lavorativa in meno rispetto sia al trimestre precedente sia al primo trimestre del 2008.

Il confronto congiunturale con gli altri Paesi mostra che il Pil nel primo trimestre è diminuito in termini congiunturali dell'1,9 per cento nel Regno Unito e dell'1,6 per cento negli Stati Uniti, contro il -2,4% italiano. In termini tendenziali, il Prodotto è calato del 4,1 per cento nel Regno Unito e del 2,6 per cento negli Stati Uniti, contro il 5,9% dell'Italia.

Inflazione corretta al ribasso. Ad aprile l'inflazione ha registrato una variazione di +0,2% rispetto a marzo e una variazione di +1,2% rispetto allo stesso mese del 2008. E' quanto comunica l'Istat, rivedendo al ribasso dello 0,1% le stime preliminari (che indicavano rispettivamente +1,3% e +0,2%). Il dato tendenziale di aprile è stabile rispetto a marzo.

Pil zona euro ed Euro-27. Nel primo trimestre 2009 il Pil dei Paesi della zona dell'euro, così come quello dell'Unione europea, ha fatto registrare un calo del 2,5% rispetto al trimestre precedente. Lo rende noto Eurostat, l'ufficio europeo di statistica, nella stima flash pubblicata oggi. Nel quarto trimestre 2008 il tasso di crescita era calato dell'1,6% nella zona dell'euro e dell'1,5% nell'Ue-27. Su base annua, il calo nel primo trimestre dell'anno è stato del 4,6% nella zona dell'euro e del 4,4% nell'Ue contro una contrazione dell'1,4% in entrambe le zone nel trimestre precedente.

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15/05/2009 20:33

Certo che la faccia del Tremonti Bis fa rabbrividire più dei dati statistici...
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16/05/2009 14:36

Re:
Mezcal82, 15/05/2009 20.33:

Certo che la faccia del Tremonti Bis fa rabbrividire più dei dati statistici...




...effettivamente sembra il Ministro della Paura....


Berlusconi: «Sulla crisi comportamento colpevole di media e opposizione» - Franceschini: «La sera non si mangia ottimismo a cena»

Un 'atteggiamento «colpevole» dei media che dipingono la crisi come «irreversibile e catastrofica». Ed un comportamento «assolutamente colpevole» anche dell'opposizione, anche perchè «credo che il momento peggiore della crisi sia superato». Lo ha dichiarato il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, da Mosca, parlando della congiuntura economica, e sottolineando come «c'è stato un diluvio, ma dopo tutto è tornato come prima, meglio di prima».

GOVERNO HA GARANTITO RISPARMIATORI - Il Governo italiano «ha fatto tutto quello che doveva essere fatto» a fronte della crisi finanziaria ed economica che ha colpito tutto il mondo, ha continuato il premier italiano durante la conferenza con il presidente russo, Dmitri Medvedev. «Abbiamo garantito che nessuna banca sarebbe fallita», ha aggiunto Berlusconi sottolineando inoltre la tutela dei risparmiatori.

FRANCESCHINI : »NON C'È OTTIMISMO» - «La sera non si mangia ottimismo a cena» commenta così il segretario nazionale del Partito democratico, Dario Franceschini, l'ottimismo mostrato dal Governo in relazione alla crisi economica in atto. Il leader del Pd, presente sabato a Terni, tappa della sua campagna elettorale in Umbria, ha spiegato che «ci sono migliaia di italiani, lavoratori o piccoli imprenditori, commercianti, artigiani, precari, pensionati, che con grande coraggio, come sempre fanno gli italiani nei momenti di difficoltà affrontano la loro giornata». «Alcune categorie di persone - ha detto Franceschini - possono farcela ad aspettare che la crisi finisca senza un sostegno da parte dello Stato. Altre categorie di persone hanno bisogno di misure per affrontare l'emergenza che consentano di aspettare la fine della crisi. Sono esattamente queste misure di emergenza che mancano». Il segretario nazionale del Pd, ha ricordato che «oggi, il fondo monetario internazionale, quindi non un fazioso esponente dell'opposizione, dice che l'Italia, ha messo in campo circa lo 0,2 per cento del Pil, cioè meno di un decimo della media mondiale, per fronteggiare l'emergenza». «È assolutamente insufficiente» ha detto Franceschini. «Non si può dire che la crisi è un problema psicologico o che la crisi è alle spalle. Servono misure concrete. Noi continueremo ad incalzare il Governo con proposte portate in parlamento e che servono per chi ha bisogno. Su ognuna di queste proposte pretenderemo un sì o un no con un voto in aula».

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21/05/2009 13:23

Marcegaglia a Berlusconi: Riforme subito. Lui si rimbocca maniche
"Presidente Berlusconi, ha un consenso straordinario, lo usi per fare adesso le riforme necessarie". E' l'appello deciso che Emma Marcegaglia rivolge al premier durante l'assemblea annuale di Confindustria. Berlusconi è seduto in prima fila e inquadrato dalle telecamere annuisce convinto alle parole della presidente di Confindustria, fa il gesto di rimboccarsi le maniche e mostrare i muscoli, come a dire che non deluderà le aspettative degli industriali.
_____________________________________________________________

Ma come? La stessa Marcegaglia un mesetto fa in una conferenza stampa diceva che il governo procedeva bene e che oramai la crisi era finita e che già si vedeva una ripresa...

MA CI STATE PRENDENDO PER IL CULO? FINIAMOLA DI SPARAR CAZZATE PERCHE' NON SIAMO TUTTI IMBECILLI COME VOLETE FARCI CREDERE!
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21/05/2009 18:17

Re: Marcegaglia a Berlusconi: Riforme subito. Lui si rimbocca maniche
Mezcal82, 21/05/2009 13.23:

"Presidente Berlusconi, ha un consenso straordinario, lo usi per fare adesso le riforme necessarie". E' l'appello deciso che Emma Marcegaglia rivolge al premier durante l'assemblea annuale di Confindustria. Berlusconi è seduto in prima fila e inquadrato dalle telecamere annuisce convinto alle parole della presidente di Confindustria, fa il gesto di rimboccarsi le maniche e mostrare i muscoli, come a dire che non deluderà le aspettative degli industriali.
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Ma come? La stessa Marcegaglia un mesetto fa in una conferenza stampa diceva che il governo procedeva bene e che oramai la crisi era finita e che già si vedeva una ripresa...

MA CI STATE PRENDENDO PER IL CULO? FINIAMOLA DI SPARAR CAZZATE PERCHE' NON SIAMO TUTTI IMBECILLI COME VOLETE FARCI CREDERE!




A parte il gesto di rimboccarsi le maniche e mostrare i muscoli che poteva risparmiarsi, come molte altre cose dopotutto...non deludera' gli industriali...e il resto dei cittadini del BelPaese???? [SM=g1336774]
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26/05/2009 23:59

Maschio, sposato, di mezza età - Per l'Istat è il "nuovo disoccupato"

ROMA - Tra i 35 e i 54 anni, maschio, residente al Centro-Nord, con un livello di istruzione non superiore alla licenza secondaria, coniugato o convivente, ex titolare di un contratto a tempo indeterminato nell'industria. E' il "nuovo disoccupato", secondo la descrizione che ne fa il Rapporto Annuale dell'Istat. Perché la crisi non ha prodotto solo disoccupati 'di lusso' come i manager, non si è accanita solo sulle categorie da sempre in Italia ai margini del mercato del lavoro: i meridionali, i giovani, i precari, le donne. La novità della crisi è che a perdere il lavoro sono "i padri di famiglia", le figure di riferimento, che magari portavano a casa stipendi mediocri, ma tali comunque da permettere ad altre persone (moglie, convivente, figli o altri parenti) di condurre un'esistenza dignitosa.

Più disoccupati anche tra gli stranieri. La crisi non ha risparmiato neanche gli stranieri, e anche in questo caso, i più colpiti sono stati gli uomini di età media: "L'andamento dell'ultimo anno - si legge nel Rapporto - segnala un forte calo delle donne disoccupate con responsabilità familiari, soprattutto di quelle con figli, arrivate a incidere non più del 70 per cento a fronte del 78 per cento di tre anni prima. Al contrario, gli effetti della crisi sembrano aver investito i loro coniugi/conviventi uomini, la cui incidenza è invece aumentata in maniera significativa, specie negli ultimi tre trimestri".

Va peggio alla fascia 40-49 anni. Tanto che nel quarto trimestre del 2008 la quota dei disoccupati stranieri arriva a superare il 10 per cento del totale dei senza lavoro, contro il 6,1 per cento del primo trimestre del 2005. "In particolare - rileva l'Istat - gli stranieri tra i 40 e i 49 anni accusano più degli altri gli effetti della fase recessiva, e spiegano circa il 50 per cento dell'incremento della disoccupazione maschile".

Il deterioramento del mercato. Dunque i due fenomeni sono collegati. I maschi adulti con carichi familiari, italiani o stranieri, sono diventati i più vulnerabili in una situazione di generale peggioramento delle condizioni del mercato del lavoro: infatti nel 2008, per la prima volta dal 1995, la crescita degli occupati (183.000 unità) è inferiore a quella dei disoccupati (186.000 unità).

La disoccupazione si fa adulta. Perdono il lavoro i titolari di un contratto a termine, o atipico. Ma vengono licenziati anche i titolari di un contratto a tempo indeterminato ( 32 per cento nel 2008). In dettaglio, questa l'analisi dell'Istat: "Un disoccupato su quattro ha un'età compresa tra i 35 e i 44 anni, mentre l'aumento delle persone tra 35 e 54 anni spiega quasi i due terzi dell'incremento totale della disoccupazione. Si è passati nel tempo da una disoccupazione da inserimento, essenzialmente concentrata nei giovani con meno di 30 anni fino alla metà degli anni Novanta, a una sempre più adulta. Nel corso del 2008 questa tendenza ha accelerato".

Più 'padri' atipici o precari. La crisi ha colpito di più le famiglie con figli, a loro volta vittime di un mercato del lavoro che più che mai li respinge (il tasso di occupazione dei 'figli', pari al 42,9 per cento, nel 2008 è sceso di sette decimi di punto rispetto al 2007). E allora, accanto alla disoccupazione dei 'padri', si registra un peggioramento del tipo di lavoro. "Tra il 2007 e il 2008 i padri con un'occupazione part time, a termine o con una collaborazione sono 17.000 in più; quelli con un'occupazione 'standard' 107.000 in meno": cioè tra i tanti che vengono licenziati, qualcuno riesce a riciclarsi con un lavoro precario. Tra padri e figli, i più colpiti sono quelli meno istruiti, che al massimo hanno un diploma di scuola media superiore.

Le famiglie che non arrivano a fine mese. La diminuzione o il venir meno dei redditi da lavoro produce povertà. L'Istat individua circa un milione e 500.000 famiglie (il 6,3 per cento del totale) che arrivano alla fine del mese "con grande difficoltà" e che, nell'81,1 per cento dei casi, dichiarano di non essere in grado di affrontare una spesa imprevista di 700 euro. In questo gruppo ci sono le famiglie indietro con il pagamento delle bollette, che non possono permettersi di riscaldare adeguatamente l'abitazione (45,8 per cento). Hanno difficoltà ad acquistare vestiti (62,9 per cento) o ad affrontare le spese per malattie (46,6 per cento). In genere le famiglie di questo gruppo contano su un unico percettore di reddito con un livello di istruzione non superiore alla licenza media, di età inferiore ai 45 anni. Ci sono poi 1,3 milioni di famiglie che hanno difficoltà leggermente inferiori, ma che spesso, a causa dei redditi bassi (nella maggior parte dei casi possono contare su un unico percettore di reddito che ha la licenza media inferiore), hanno difficoltà nei pagamenti, nell'acquisto di alimenti e vestiti, e anche nel riscaldamento della casa.

Le famiglie 'agiate' sono 10 milioni. All'altro estremo si collocano le famiglie agiate: 1,5 milioni che arrivano alla fine del mese "con facilità o con molta facilità", 8,6 milioni che lamentano solo qualche difficoltà sporadica, "imputabile più allo stile di consumo che a vincoli di bilancio stringenti". Abitano soprattutto al Nord, con una prevalenza di residenti in Trentino Alto Adige e in Valle d'Aosta.

Le famiglie con difficoltà relative. Al centro si collocano le famiglie che non hanno difficoltà economiche eccessive, ma che non risparmiano (spesso si tratta di anziani); le famiglie giovani gravate da un mutuo per la casa, che assorbe una parte più che consistente del reddito disponibile; e infine le famiglie cosiddette 'vulnerabili'. Si tratta di 2,5 milioni di famiglie, il 10,4 per cento del totale: sono a basso reddito, una parte ha una casa di proprietà, una parte vive in affitto. La loro vulnerabilità è data dal fatto che contano su un solo percettore di reddito, che nel 41,4 per cento dei casi ha preso soltanto la licenza elementare.

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28/05/2009 17:18

A rischio usura 15mila imprese

Il presidente della Confesercenti, Marco Venturi, lancia l'allarme: "La crisi rende le piccole imprese più esposte all'azione predatoria degli usurai. Nel 2008 ben 15.000 imprese hanno chiuso i battenti perché sovraindebitate e spesso strozzate". Poiché i primi dati del 2009 confermano questa tendenza, che si sta estendendo anche alle medie aziende, Venturi chiede alle banche diverse modalità nell'erogazione del credito.


I piccoli imprenditori hanno paura, stretti tra la violenza della criminalità comune e la morsa di quella organizzata che gestisce un volume di affari di oltre 130 miliardi di euro. Buona parte di questi - dice Venturi - arrivano dal taglieggiamento imposto alle imprese e dall'usura che cresce in modo esponenziale a causa della crisi economica e delle difficoltà degli imprenditori ad accedere ai finanziamenti bancari. Se l'unica chance che ci rimane è quella del ricorso all'usuraio allora è meglio chiudere prima".

"Lotta all'economia sommersa"
"Solo sostenendo i consorzi fidi, con adeguati finanziamenti finalizzati ad aiutare le piccole e medie imprese, si potranno evitare inutili sofferenze, minacce e ricatti", secondo il presidente dei commercianti. Inoltre, le Pmi "devono essere liberate anche da quell'economia sommersa, favorita da migliaia di immigrati clandestini e di furboni nostrani pronti ad alimentare la concorrenza sleale contro chi rispetta regole costose e spesso incomprensibili. E' ora di dire basta a ogni illegalità e a ogni spreco del denaro pubblico versato dai cittadini e dalle imprese. La grande svolta che serve è quella di cambiare radicalmente il Paese, affrancandolo dagli sprechi e dalla pletora insopportabile di istituzioni e di nomine d'ogni tipo".

La riforma federale, che non deve servire in nessun modo a moltiplicare poltrone o aumentare la pressione fiscale, avverte Venturi, "prevede il taglio di circa 50.000 consiglieri ed assessori di Comuni, Province e Circoscrizioni. Bene, se son rose fioriranno".

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29/05/2009 12:53

"Riforme o l'Italia non ce la farà" Allarme di Draghi: il Pil a -5%


ROMA - Riforme strutturali, imprese più produttive e banche "lungimiranti" perché il Paese esca dalla crisi e, soprattutto, da vent'anni di "produttività stagnante, bassi investimenti, bassi salari, bassi consumi, tasse alte". E' la via indicata dal governatore della Banca d'Italia Mario Draghi nelle "Considerazioni finali". Perché la crisi, certo, sta stritolando la crescita come non mai: secondo le previsioni più aggiornate di via Nazionale, la caduta del Pil sarà "di circa il 5 per cento quest'anno". Ma per l'Italia, ricorda Draghi rivolgendosi all'Assemblea Ordinaria dei Partecipanti, non si tratta solo di venir fuori dalla crisi, ma anche di uscire da una spirale negativa cominciata ben prima del crollo dell'economia mondiale. Perché questo possa avvenire, la Banca d'Italia indica direttive precise: "Una risposta incisiva all'emergenza è possibile solo se accompagnata da comportamenti e da riforme che rialzino la crescita dal basso sentiero degli ultimi decenni".

Anche Draghi, come la settimana scorsa il presidente di Confindustria Emma Marcegaglia, chiede quindi al governo riforme: "Il completamento degli ammortizzatori sociali, la ripresa degli investimenti pubblici, le azioni di sostegno della domanda e del credito che sono state oggi delineate avranno gli effetti sperati se coniugati con riforme strutturali: non solo per dire ai mercati che il disavanzo è sotto controllo, ma perché queste riforme costituiscono la piattaforma della crescita futura".

Le banche valutino il merito delle imprese. Ma non dev'essere solo il governo a muoversi. Molto è nelle mani di banche e imprese. Alle prime, Draghi chiede, considerato che "non hanno eredità pesanti nei loro bilanci", di utilizzare "questo vantaggio nei confronti dei concorrenti per affrontare un presente e un futuro non facili". E' vero che "non si può chiedere alle banche di allentare la prudenza nell'erogare il credito; non è nell'interesse della nostra economia un sistema bancario che mettà a rischio l'integrità dei bilanci e la fiducia di coloro che gli affidano i propri risparmi". Ma si può invece chiedere loro di essere "lungimiranti": "Valutino il merito di credito dei loro clienti - suggerisce il governatore della Banca d'Italia - con lungimiranza. Prendano esempio dai banchieri che finanziarono la ricostruzione e la crescita degli anni Cinquanta e Sessanta". Insomma, secondo Draghi, "occorre saper fare i banchieri anche quando le cose vanno male".

Le imprese proteggano professionalità. Mentre alle imprese, Draghi suggerisce di "continuare l'opera di razionalizzazione iniziata da pochi anni", ma anche di proteggere "le professionalità accumulate dai lavoratori, che torneranno preziose in un futuro speriamo non lontano". La crisi non durerà infatti in eterno: "segnali incoraggianti" indicano che, per quanto "non è ancora possibile individuare con certezza una definitiva inversione ciclica", "la crescita riprenderà nel 2010".

Calo occupazione incide su reddito e consumi. Ma di che tipo di crescita si tratterà? Questo è il momento di porre le basi, sostiene Draghi, perché l'Italia intraprenda un nuovo percorso virtuoso, per rilanciare il sistema imprenditoriale, l'occupazione, i consumi. Trascurare la questione occupazionale, ricorda la Banca d'Italia, sarebbe un grave errore: "I lavoratori in Cassa Integrazione e coloro che cercano una occupazione sono già oggi intorno all'8,5 per cento della forza lavoro, una quota che potrebbe salire oltre il 10: proseguirebbe la decurtazione del reddito disponibile delle famiglie e dei loro consumi, nonostante la forte riduzione dell'inflazione". E questo porterebbe, in una spirale perversa, a una ulteriore riduzione della produzione, a nuove chiusure delle imprese.

Urge un buon sistema di ammortizzatori. "Si stima che 1,6 milioni di lavoratori dipendenti e parasubordinati non abbiano diritto ad alcun sostegno in caso di licenziamento". Urge allora un "buon sistema di ammortizzatori sociali per chi cerca un nuovo lavoro". Un sistema che parta dagli strumenti attuali, per migliorarli: "La crisi ha reso più evidenti le manchevolezze di lunga data nel nostro sistema di protezione sociale. Esso rimane frammentato". Una "riforma organica e rigorosa" non deve "rivoluzionare il sistema attuale": "Lo si può ridisegnare intorno ai due tradizionali strumenti della Cassa Integrazione e dell'indennità di disoccupazione ordinarie, opportunamente adeguati e calibrati".

Stato e banche sostengano imprese sane. Accanto a un meccanismo di sostegno delle imprese: "Il passaggio dei prossimi mesi sarà decisivo: una mortalità eccessiva che colpisca per affissia finanziaria anche aziende che avrebbero il potenziale per tornare a prosperare dopo la crisi è un secondo, grave rischio per la nostra economia". A risentire della crisi, ricorda Draghi, sono soprattutto le imprese piccole, sotto i 20 addetti: "Nella sola manifattura se ne contano in tutto quasi 500.000, con poco meno di due milioni di disoccupati". Ma ci sono tante imprese, "circa metà delle 65.000 imprese dell'industria e dei servizi con almeno 20 addetti", che prima della crisi avevano già avviato un processo di ristrutturazione, e che infatti "si attendono un calo del fatturato nel 2009 nettamente inferiore alla media". Tra queste, ce ne sono più di 5000, con un milione di addetto, che hanno "consolidato il primato tecnologico e diversificato gli sbocchi di mercato". Sarebbe un delitto abbandonarle a se stesse. E allora, se alle banche via Nazionale chiede "credito lungimirante", allo Stato chiede "forme di garanzia pubblica sui prestiti", una garanzia su eventuali cartolarizzazioni.

Le riforme indispensabili. Ci sono poi riforme più generali che non incidono direttamente sul sistema e del lavoro dell'impresa, ma che, miglioramento l'economia in generale, sono indispensabili per un rilancio del Paese. "Le misure di riduzione della spesa corrente vanno introdotte nella legislazione subito", ammonisce Draghi, dal momento che "una volta superata la crisi, il nostro Paese si ritroverà non solo con più debito pubblico, ma anche con un capitale privato - fisico e umano - depauperato dal forte calo degli investimenti e dall'aumento della disoccupazione". In definitiva, se nei prossimi anni la crescita continuerà a essere bassa e il Paese si accontenterà, come sempre, di vivacchiare, "sarebbe arduo riassorbire il debito pubblico".

Alzare l'età pensionabile. Fondamentale, per la Banca d'Italia, anche un "graduale incremento dell'età effettiva di pensionamento": "Un più alto tasso di attività nella fascia da 55 a 65 anni innalzerà sia il reddito disponibile delle famiglie sia il potenziale produttivo dell'economia". Draghi spende parole di apprezzamento per alcune delle riforme avviate dal governo, in particolare quella della Pubblica Amministrazione e il federalismo fiscale, a condizione che innesti "una maggiore efficienza nell'utilizzo delle riforme pubbliche". Ma non basta: occorre combattere l'evasione: "Progressi nel contrasto alle attività irregolari consentirebbero di ridurre le aliquote legali, diminuendo estorsioni e ingiustizie". A giudizio di via Nazionale, il peso dell'economia irregolare ammonta a più del 15 per cento dell'attività economica.

Le infrastrutture. Al governo, infine, Bankitalia chiede di "elevare la qualità e quantità del capitale umano e delle infrastrutture fisiche". Il primo riferimento è a scuola e università; il secondo alle "infrastrutture materiali, fattore cruciale per la competitività". Da avviare con criteri di efficienza, diversi dalle dispersioni del passato: in Italia, ricorda Draghi, "un chilometro di autostrada può costare più del doppio che in Francia o in Spagna".

Ristabilire la fiducia. Le "Considerazioni" del governatore si concludono con un appello alla fiducia. Ricostruirla è fondamentale, afferma: "Occorre sanare la ferita che la crisi ha aperto nella fiducia collettiva: fiducia nei mercati, nei loro protagonisti, nel futuro di milioni di persone, nel contratto sociale che ci lega. Uscire dalla crisi significa ricostruire questa fiducia. Non con artifici, ma con la paziente, faticosa comprensione dell'accaduto e dei possibili scenari futuri; con l'azione conseguente".

repubblica.it


...mi astengo dall'esprimere la mia opinione su un personaggio come Draghi... [SM=g1336772]
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