Pagina precedente | 1 | Pagina successiva

Che

Ultimo Aggiornamento: 20/04/2009 23:26
Autore
Stampa | Notifica email    
OFFLINE
Post: 838
Città: MILANO
Età: 41
Sesso: Maschile
administrator
06/04/2009 21:21

Che


Speriamo che riesca a dare un'immagine vera e non la solita distorta riportata dalle bandiere e dalle magliette!
[Modificato da Mezcal82 06/04/2009 21:23]
OFFLINE
Post: 4.486
Città: MILANO
Età: 43
Sesso: Maschile
administrator
10/04/2009 14:26

Il rivoluzionario Che, senza romanticismi

Si può raccontare la vita di Ernesto Guevara senza fare i conti con il mito del «Che»? La sfida sembrerebbe im­possibile: anche un film come I diari della motocicletta, che ne raccontava la giovinezza argentina, non riusciva a tenere a freno la contagiosa esube­ranza del protagonista. Affrontando invece i due momenti cruciali della vi­ta di Guevara, la rivoluzione cubana prima e la guerriglia in Bolivia poi in un mega-film di oltre quattro ore che esce in due parti (adesso Che-L’argen­tino e a mag­gio Che-Guer­riglia), il regi­sta Steven So­derbergh sembra esser­si fatto guidare soprattutto dalla vo­glia di raffreddare la materia e di af­frontare con gli strumenti della ragio­ne quello che di solito si racconta con l’entusiasmo del militante.

Caldeggiato fortemente dall’attore Benicio Del Toro (che si cala nei pan­ni di Guevara con sorprendente ras­somiglianza) e dalla produttrice Lau­ra Bickford, il progetto del film ha co­minciato a prendere forma più di die­ci anni fa, nel 1996, ma è diventato qualche cosa di concreto solo nel 2005, dopo che la sceneggiatura è sta­ta affidata a Peter Buchman. È dal suo lavoro e da quello di Soderbergh che nasce l’idea di privilegiare due so­li momenti di tutta la lunga e avventu­rosa vita del «Che» giocando conti­nuamente al contrappunto: Cuba contro Bolivia ma anche, all’interno della prima parte, teoria contro azio­ne, utopia contro (dura) realtà, rivolu­zione contro (o a fianco di) politica. Questa operazione non è evidente­mente senza conseguenze: da una parte permette al film di avere un an­damento il meno hollywoodiano pos­sibile, lontanissimo dall’epicità fin­to- romantica con cui il cinema ameri­cano ha spesso raccontato rivoluzioni e rivoluzionari (basterebbe pensare al­l’orrendo Che! di Fleischer con Omar Sharif nei panni di Guevara). E dall’al­tra offre al film la possibilità di «di­staccarsi» dalla materia raccontata per trasformare la storia in strumen­to di (auto)riflessione, recuperando certi insegnamenti godardiani sull’in­treccio tra finzione cinematografica e inchiesta giornalistica (non a caso Questa è la mia vita era uno dei mo­delli a cui Soderbergh si è ispirato).

Ecco perché Che-L’argentino gioca molto col montaggio, perdendo di vi­sta lo svolgimento cronologico delle azioni e invece giustapponendo mo­menti della visita del «Che» alle Na­zioni Unite nel 1964 a episodi della guerriglia sulla Sierra Maestra cuba­na del 1957/58 a momenti addirittu­ra precedenti, come l’incontro tra Guevara e Fidel Castro in Messico nel 1955. In questo modo frasi e dichiara­zioni più «programmatiche» (come erano le risposte ai giornalisti ameri­cani o i punti salienti del suo di­scorso all’Onu contro l’imperia­lismo e la sudditanza degli Sta­ti sudamericani) trovano un riscontro immediato con le scelte concrete fatte duran­te la guerra rivoluzionaria, anche loro mostrate non per la loro forza epica ma piuttosto per quello che pos­sono «insegnare» e «dimo­strare». Così fa una certa impressione sentir dire a una giornalista newyorkese che la prima qualità di un rivoluzionario è «l’amore» e subi­to dopo vedere la decisione di abban­donare un compagno alle sevizie dei soldati di Batista pur di non farsi sco­prire, scelta che si spiega solo capen­do che quell’«amore» non va inteso in senso cristiano ma rivoluzionario, perché il sacrificio di un militante giustifica la possibilità della sopravvi­venza del gruppo. O ancora, prima dell’attacco alla caserma di El Ulvero, il discorso sulla inevitabile vittoria dei rivoluzionari di fronte ai mercena­ri che sembra essere contraddetto dai morti che i ribelli lasciano sul campo ma che finisce per essere avva­lorato dalla conquista della postazio­ne. Ogni scena, cioè, prende valore per quello che spiega e insegna sul percorso rivoluzionario e non per la forza emotiva che può avere.

È per questo che il film andrebbe visto nella sua interezza di quattro ore, perché la seconda parte funziona da contrappunto alla prima e molte scene della prima rimandano alla se­conda o trovano lì la loro «conclusio­ne» (come il discorso sui sedicenne che a Cuba non possono partecipare alla rivoluzione e in Bolivia sì, salvo poi scoprire che i primi si riveleranno dei veri rivoluzionari e i secondi tradi­ranno). Ma la distribuzione ha leggi che a volte vanno contro a quelle dei film e in questo modo Che-L’argenti­no finisce per pagare delle colpe che non sono del tutto sue. Nella sua unità/complessità sareb­be stato più chiaro il percorso di So­derbergh. Così invece si rischia di ac­centuare troppo una scelta di stile che sembra solo «contro» (contro il mito del «Che» ma anche contro l’epicità troppo programmatica di certo cinema hollywoodiano) e me­no «a favore» (di un soggetto indub­biamente originale e lontano dalle mode).

corriere.it
OFFLINE
Post: 838
Città: MILANO
Età: 41
Sesso: Maschile
administrator
20/04/2009 23:26

Ottimo, davvero un bel film che almeno cancella quella faccia nera su sfondo rosso che non simboleggia un bel fico di nulla!

Peccato che manca tutta la seconda parte!
Amministra Discussione: | Chiudi | Sposta | Cancella | Modifica | Notifica email Pagina precedente | 1 | Pagina successiva
Nuova Discussione
 | 
Rispondi
Cerca nel forum

Feed | Forum | Bacheca | Album | Utenti | Cerca | Login | Registrati | Amministra
Crea forum gratis, gestisci la tua comunità! Iscriviti a FreeForumZone
FreeForumZone [v.6.1] - Leggendo la pagina si accettano regolamento e privacy
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 08:18. Versione: Stampabile | Mobile
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com