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1984 - George Orwell

Ultimo Aggiornamento: 11/05/2010 14:43
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16/05/2009 15:57

...aveva ragione lui...il Gf ci osserva...
« Se i fatti invece dicono il contrario, allora bisogna alterare i fatti. Così la storia si riscrive di continuo. Questa quotidiana falsificazione del passato, intrapresa e condotta dal Ministero della Verità, è necessaria alla stabilità del regime. [...] La mutabilità del passato è il dogma centrale. »
(George Orwell, 1984, 1948)




George Orwell (pseudonimo di Eric Arthur Blair; Motihari, 25 giugno 1903 – Londra, 21 gennaio 1950) è stato uno scrittore, giornalista e glottoteta britannico.

Conosciuto come opinionista politico e culturale, ma anche noto romanziere, Orwell è uno dei saggisti di lingua inglese più diffusamente apprezzati del XX secolo. Probabilmente è meglio noto per due romanzi scritti verso la fine della sua vita, negli anni quaranta; l'allegoria politica de La fattoria degli animali e 1984, che descrive una così vivida distopia totalitaria dall'aver dato luogo alla nascita dell'aggettivo "orwelliano", oggi diffusamente utilizzato per descrivere meccanismi totalitari di controllo del pensiero.

(http://it.wikipedia.org/wiki/George_Orwell)

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16/05/2009 16:00

1984

In un futuro prossimo (l'anno 1984) la Terra è suddivisa in tre grandi potenze totalitarie perennemente in guerra tra loro: Oceania, Eurasia ed Estasia che sfruttano la guerra perenne per mantenere il controllo totale sulla società. In Oceania, la sede dei vari ministeri (Ministero dell'Amore, dell'Abbondanza, della Verità e della Pace) è Londra, facente parte della provincia di Pista Uno.

La società è amministrata secondo i principi del Socing, una evoluzione dello Stalinismo, e governata da un onnipotente partito unico con a capo il Grande Fratello, un personaggio che nessuno ha mai visto e che tiene costantemente sotto controllo la vita di tutti i cittadini (la descrizione fisica ricorda Josif Stalin e Lord Kitchener). Il totalitarismo del Grande Fratello sviluppa caratteristiche dell'URSS di Stalin (ed in qualche modo della Germania preconizzata dai nazisti)[1].

Il partito è a sua volta diviso in Partito Interno (che ha il vero potere) e Partito Esterno. I suoi occhi sono dei televisori-telecamere, installati per legge in ogni abitazione dei membri del Socing e che i membri del Partito Esterno non possono spegnere. Questi televisori-telecamere, oltre a diffondere 24 ore su 24 propaganda, spiano la vita di qualunque membro del Socing esterno.

Il partito è Governato dal Minamor ( MINistero dell'AMORe), la cui funzione è di controllare i membri del partito e di convertire i dissidenti alla ideologia del partito. Il Minamor è dotato di una polizia politica, la psicopolizia, che interviene in ogni situazione sospetta di eterodossia e di deviazionismo.

Al di sotto del partito unico stanno i Prolet[2], che non hanno alcun potere nè privilegio, fanno i lavori pesanti in cambio del minimo di sussistenza, ma hanno il vantaggio di non essere controllati se non in modo indiretto, tramite la tecnica del Panem et circenses.

Ovunque nella città sono appesi grandi manifesti che ritraggono il Grande Fratello, con la didascalia Il Grande Fratello ti vede, e gli slogan del partito: «la guerra è pace», «la schiavitù è libertà», «l'ignoranza è forza».

I membri del Socing (Socialismo Inglese in Neolingua) vivono in moderni palazzoni alveare nella città nuova, ed i prolet (il Proletariato) vivono separati dai primi nella città vecchia.

L'unica forma di pensiero ammissibile in Oceania è il Bispensiero (ispirato al Materialismo dialettico leninista), un pensiero che esige che la mente si adatti senza resistenze alla realtà così come definita dal partito e cancelli ogni dato divergente ed ogni forma di obiezione. Come recitano alcuni slogan del partito, “la menzogna diventa verità e passa alla storia”, “Chi controlla il passato controlla il futuro: chi controlla il presente controlla il passato”.

La lingua che si parla in Oceania si sta trasformando così in Neolingua, un nuovo linguaggio in cui tutte le parole hanno un'unica accezione che riducendo il significato ai concetti più elementari rende impossibile concepire un pensiero critico individuale. Con la creazione della neolingua il partito censura quindi l'utilizzo di molte parole, convogliando quelle sgradite ( come ad esempio "democrazia" ) nell'unico termine "psicoreato": in questo modo diventa impossibile formulare, e a lungo andare anche solo pensare ad un argomento "proibito". I semplici concetti che renderebbero discutibile l'operato del partito diventano inesprimibili. La stessa parola "psicoreato" va ben oltre il divieto di esprimersi, ma si spinge appunto a vietare anche solo di pensare in modo divergente dai dettami del governo totalitario sotto il Grande Fratello.

Le scienze umanistiche sono di conseguenza cambiate: i testi vengono riscritti espellendo tutto quanto non sia in linea con le idee del momento del Socing. Tutti i fatti che rivelino contraddizione o fallibilità del partito vengono periodicamente e sistematicamente cancellati e sostituiti, la storia non esiste più, se non per dare ragione al partito.

Ci si aspetta che gli uomini si adeguino, cancellando la memoria dei fatti indesiderati e sostituendoli coi fatti che il Partito vuole che si ricordino.

Così, per esempio, se si ribaltano i fronti e l'Eurasia diventa improvvisamente alleata dopo esservi stati in guerra fino a un momento prima, nessuno deve rilevarne la contraddizione e portare memoria della precedente ostilità, per cui diverrà vero che l'Eurasia è sempre stata alleata dell'Oceania e che non vi è mai inimicizia tra i due stati.

( it.wikipedia.org/wiki/1984_(romanzo) )
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16/05/2009 16:01

Usa, un "Grande Fratello" all'Fbi

Usa, un "Grande Fratello" all'Fbi
Supercomputer per dati biometrici
Il "Grande Fratello" entra all'Fbi, che sta costruendo un supercomputer da un miliardo di dollari in grado di contenere i dati biometrici (come la scansione dell'iride e le impronte digitali) di decine di milioni di persone. Il cervellone, che si chiamerà "Next Generation Identification" (Sistema di identificazione della prossima generazione), sarà pronto entro il 2013 e verrà posizionato a Clarksburg, in West Virginia.

L'Ngi occuperà un gigantesco bunker sotterraneo della dimensione di due campi da calcio, e conterrà tutti i dati necessari per identificare ogni terrorista o criminale all'interno e all'esterno degli Stati Uniti: oltre alla scansione dell'iride e alle impronte digitali, il supercomputer esaminerà caratteristiche quali i tratti del viso e il modo di camminare. L'Ngi sarà l'evoluzione di un sistema messo a punto al Centro di ricerca per lo sviluppo della tecnologia dell'identificazionee della West Virginia University, e che consente di rilevare l'imponta dell'iride di una persona a 5 metri di distanza e un volto a oltre 180.

Gli Usa possiedono già milioni di dati biometrici: negli ultimi due anni il Pentagono ha per esempio raccolto immagini di impronte digitali, iridi e visi di oltre un milione e mezzo di detenuti iracheni ed afghani.

tgcom.it

...ogni tanto farebbe bene rileggersi 1984...
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16/05/2009 16:02

Gb,Dna anche di chi getta cartacce

E' il solito adagio: più sicurezza o più privacy? Ma questa volta la polizia britannica mostra la mano davvero pesante. La proposta è quella di raccogliere campioni di Dna e schedare anche chi si macchia di piccole infrazioni, come l'eccesso di velocità o il gettare rifiuti per strada, non punibili con il carcere. Ma le associazioni dei cittadini protestano, così come il ministro-ombra degli Interni, David Davis.


"E' inconcepibile che i poteri della polizia possano essere estesi senza consultare il Parlamento - ha detto David Davis - . Hanno già violato ampiamente la privacy della gente senza un adeguato dibattito, così non si può andare avanti". La richiesta giunge in concomitanza con l'avvio di una inchiesta da parte di una commissione indipendente di sorveglianza sui risultati conseguiti dalla banca dati del Dna dalla sua istituzione a oggi. Secondo una ricerca interna alle forze di polizia, svolta dal ministero dell'Interno britannico, sono molti gli agenti che auspicano maggiori poteri e la possibilità di raccogliere campioni di Dna anche da soggetti che non possono essere messi sotto custodia.

In Gran Bretagna sono ormai 4 milioni le persone che hanno il proprio Dna schedato: di questi, 883mila sono ragazzi di età compresa fra i 10 e 17 anni, 100 sono bambini di età inferiore ai 10 anni, e 46 gli ultranovantenni. E a causa dell'alta percentuale di reati che vengono registrati nelle comunità afro-caraibiche (3% della popolazione, ma il 26% di quella carceraria), si calcola che a questo ritmo, presto due terzi dei giovani neri potrebbero avere il loro dna in questa banca dati. Per questo, diversi parlamentari e associazioni hanno sollevato dubbi sul rispetto delle libertà civili da parte di questo sistema sempre più invasivo, che archivia dati personali sensibili.

tgcom.it
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28/05/2009 16:57

Giappone. Ti regalo un iPhone. E così ti controllo..

Il regalo sarà gradito, ma c'è il tranello. Una università giapponese distribuirà gratuitamente ai suoi studenti l'iPhone di Apple. E il telefonino sarà usato per controllare la loro frequenza alle lezioni. Si chiama "do ut des". Il progetto, che è in fase sperimentale prima di essere lanciato a giugno, coinvolge 550 studenti del primo e secondo anno e alcuni dipendenti di una facoltà dell'Università Aoyama Gakuin, che si trova vicino a Tokyo, nella città di Sagamihara.

Gli iPhone della scuola dovrebbero creare un network tra gli studenti e i professori, diventando anche un valido strumento di controllo della frequenza alle lezioni. Quando gli studenti entrano in classe, invece di firmare un registro delle presenze dovranno semplicemente inserire il proprio numero di matricola e il codice della lezione in un'applicazione del Melafonino creata ad hoc dall'ateneo. E per evitare che gli studenti si registrino da casa o senza entrare in classe, l'applicazione utilizzerà una funzione Gps per controllare la vera postazione da cui gli studenti si sono registrati.

"Non vogliamo utilizzare i telefonini soltanto per monitorare le presenze in aula. La nostra speranza è che contribuisca a sviluppare classi interattive, in cui studenti e insegnanti discutono di vari argomenti tra loro", ha detto a Reuters il professor Yasuhiro Iijima mostrando l'applicazione. Funzionari dell'università sottolineano che il progetto non vuole ledere la privacy degli studenti o controllarli. "Molti studenti che stanno sperimentando il sistema si dicono soddisfatti".

corriere.it
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28/05/2009 17:32

Russia. A Mosca altoparlanti in ogni casa

Yuri Luzhkov, primo cittadino di Mosca dal 1991, non è nuovo a iniziative stravaganti. Questa volta ha pensato di ripristinare la vecchia rete di altoparlanti attiva nella Seconda Guerra mondiale. Lo scopo? Ufficialmente per avvisare la popolazione in caso di emergenze. Per gli oppositori, si tratta di un modo per diffondere la voce del regime. I diffusori saranno collocati prima nelle piazze, poi nelle case di ogni famiglia.

Nella città esistono ancora 430 altoparlanti. Per riammodernizzare l'impianto, il sindaco, racconta Repubblica, investirà 1.76 miliardi di rubli fino al 2014. Il progetto è ambizioso: la rete capillare arriverà non soltanto nei più importanti centri di aggregazione sociale ma anche in ogni famiglia.

I moscoviti più anziani si ricorderanno di quando gli altoparlanti diffondevano i bollettini del regime sovietico, dai messaggi di resistenza all'invasore nazista al lancio del primo satellite Sputinik in orbita nel 1961. Altri tempi.

tgcom.it
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02/07/2009 13:58

Silenzio, il cellulare ti spia. Se il telefonino diventa nemico


PARAFRASANDO un vecchio slogan, viene da dire: il telefono, la tua voce, e le orecchie di qualcun altro. L'internazionale dell'intercettazione è un'idra trasversale, dall'Iran all'Australia, passando per il Vecchio Continente. A Teheran spiano i sostenitori di Moussavi, li individuano, li bastonano e li mandano in galera. A Sydney i genitori ansiosi monitorano a distanza i cellulari dei figli e se scoprono qualcosa che non li convince li spediscono a letto senza cena. Esiti diversi, modalità simili.

Il buco da cui entrano questi minacciosi spifferi per la nostra privacy (e libertà) è lo stesso. Ce lo portiamo in tasca. È l'apparecchio elettronico più amato dagli italiani. E il suo manuale di istruzioni, per nuovi modelli sempre più complessi, è una delle poche pubblicazioni a rialzare la media nazionale in fatto di statistiche di lettura. Sua maestà il telefonino.
La repressione post-elettorale nella Repubblica Islamica ha ravvivato il dibattito. Qualcuno se l'è presa con Nokia Siemens, la joint venture finnico-tedesca che l'anno scorso ha venduto alla Tci, l'operatore persiano, la tecnologia che permette di "entrare" nelle chiamate. La stessa a disposizione dei governi, previa autorizzazione del magistrato, di tutti i paesi dell'Unione Europea. Su internet, dove gli entusiasmi prendono fuoco come legna secca, c'è chi ha proposto di boicottare il marchio.

"È dura stabilire se il problema sia l'ignoranza o l'ipocrisia" ha ironizzato il blog tecnologico di Business Week, riferendosi alla richiesta di due senatori Usa di smettere di fornire tecnologia ai regimi autoritari. Perché il sistema è identico a quello usato negli Stati Uniti. La differenza è che lì, extraordinary renditions escluse, c'è una procedura democratica che evita gli abusi.

Archiviata quindi la polemica sull'uso a fin di bene (intercettare i terroristi) o malevolo (conculcare il dissenso politico) della tecnologia, restano molti interrogativi sulle potenzialità spionaggistiche dell'ormai irrinunciabile mezzo di comunicazione. Le dotazioni sempre più sofisticate, il fatto ad esempio che il chip Gps, per il posizionamento satellitare, sia ormai standard in quasi tutti i nuovi modelli, apre scenari distopici. Ogni telefonino, mandando in continuazione segnali ai satelliti, consentirà triangolazioni sempre più precise per localizzare geograficamente il suo possessore. Comodo quando ci avviseranno via sms che stiamo passando davanti a un negozio che fa una vendita promozionale. Scocciante se avete detto che eravate da tutt'altra parte e moglie o marito entrano in possesso dei dati sbugiardanti.

Il servizio in Gran Bretagna esiste da qualche tempo e si chiama FollowUs. In teoria il possessore del telefono "tracciato" deve essere consenziente. In pratica se un altro se ne impadronisce, in una decina di minuti fa in tempo a registrare la sua sim, ricevere il primo degli sms che avvertono che siete sotto osservazione e disattivare la notifica dei messaggini successivi.

Risultato: chi prende in mano l'apparecchio di lì in poi non ne sa niente. Mentre allo spione basta entrare nel sito, pagare una ventina di euro e cominciare a seguire su una mappa interattiva gli spostamenti della preda. A partire da agosto i genitori australiani potranno usare MyMobileWatchdog, un software sviluppato orginariamente per la polizia americana. Molto semplice, molto inquietante. Il funzionamento è analogo a quello appena spiegato. E con una dozzina di dollari al mese, collegandosi a un sito, papà o mamma potranno vedere il registro delle chiamate, leggere gli sms e guardare le foto scattate. Il sito statunitense capitalizza, a caratteri di scatola, la minaccia del "sexting", i messaggini a sfondo erotico mandati da adulti che si spacciano da coetanei. E tuttavia l'intervento a gamba tesa nella corrispondenza elettronica dei ragazzi è innegabile.

Se non bastasse, a partire dal 2010, l'arsenale del potenziale spione si arricchirà di una nuova arma. Da quella data tutti i telefoni Ericsson, ma con ogni probabilità non solo quelli, saranno dotati di un nuovo chip Rfid (Radio frequency identification), le cosiddette "etichette intelligenti" che si trovano tanto nei vestiti quanto nei rasoi da supermercato. Nel microcircuito saranno immagazzinate le generalità del titolare e altre informazioni identificative. Tra i tanti possibili usi, le società emettitrici di carte di credito sembrano le più interessate. Se il titolare si trova in un altro posto rispetto a dove avviene la transazione, è probabile che la carta sia finita nelle mani sbagliate. E il sistema, mettendo a confronto la localizzazione del telefonino con quella dello strumento di credito, darà in automatico l'allarme. È ovvio che si tratta di un servizio per l'utente.

Ma se, come prevede un recente studio commissionato da Microsoft, la pubblicità via cellulare diverrà il 5-10 per cento di quella totale da qui a cinque anni, è chiaro che questo passo avanti nella tracciabilità significherà un passo indietro nella quotidiana pace dei sensi digitali. In Giappone, l'unico altro paese al mondo che ci batte quanto a penetrazione di apparecchi portatili, il gestore Softbank d'intesa con il settore pubblico sta per lanciare un esperimento di politica sanitaria via telefonino. L'idea è di monitorare, attraverso i dati Gps trasmessi dai cellulari, i bambini delle scuole. E lo scopo, in caso di epidemia, è riuscire a risalire attraverso i tabulati dei giorni precedenti con chi gli infettati sono venuti in contatto. Ancora una volta, controllo per il bene della collettività. Ma quando i dati sono sui server diventano, per definizione, violabili.

Lo sa bene Guido Cometto, amministratore delegato della torinese Caspertech, tra le capofila dei criptofonini nostrani. "Invece di usare il normale canale "voce" noi facciamo transitare la chiamata su quello "dati" e lo cifriamo. È l'operatore telefonico, non i privati, ad essere tenuto a offrire una comunicazione in chiaro alla magistratura. Che se non riesce a disporre l'intercettazione può chiedere di disabilitare la linea". Non si scopre niente di cosa i sospetti criminali si stavano dicendo, ma tant'è. "D'altronde non è vietato connettersi in modalità cifrata al proprio conto corrente online, e si tratta sempre di dati".

I problemi rimangono, anzi aumenteranno. Il garante della privacy Francesco Pizzetti ne parlerà oggi nella sua relazione annuale al Parlamento: "Da tempo abbiamo verificato l'esistenza in commercio e anche su Internet di programmi che, una volta installati, consentono di localizzare costantemente l'apparecchio, rubarne i dati in esso contenuti e talvolta di ascoltare le conversazioni e leggere gli sms. In alcuni casi sono sistemi che possono avere usi "buoni", come consentire di rimanere in contatto durante un'escursione. Più spesso, però, no. L'uso di questi sistemi spia è e resta illecito e può dar luogo a gravi responsabilità penali". Programmi, dice, che "possono trasformare il cellulare in un delatore costante dei nostri comportamenti e quindi un nostro nemico". E vista la quantità di informazioni intime, dall'agenda ai contatti, dalle foto alle dichiarazioni d'amore in 160 caratteri che gli confidiamo, la metamorfosi fa più paura di quella di Gregor Samsa.

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20/02/2010 22:04

Computer portatili agli studenti, ma la scuola li spiava in casa

Quella nota sul registro suonava strana: uno studente della Lower Marrion High School di Philadelphia veniva richiamato per i suoi "comportamenti inappropriati" non tra i banchi di scuola, ma nella sua cameretta, in casa. E come prova delle sue malefatte veniva fornita una foto dello studente scattata dalla webcam del computer portatile che la stessa scuola aveva fornito un anno fa all'alunno incriminato e a tutti gli altri suoi 1800 compagni di scuola. Era da allora che il distretto scolastico teneva sotto controllo gli allievi anche dentro le proprie case, attraverso un software di sicurezza che attivava in remoto la webcam dei laptop e consentiva di spiare le loro attività casalinghe.

Quello studente e i suoi genitori hanno ora aperto una class action contro la scuola per spionaggio, violazione delle leggi federali e del Quarto emendamento della Costituzione americana - quello che difende i cittadini dalle perquisizioni, gli arresti e le confische senza ragione. Ma, come riporta il Financial Times, le contestazioni da parte dei genitori e dei loro avvocati potrebbero anche estendersi alla violazione delle norme sulla pornografia infantile, visto che l'occhio indiscreto dell'istituto scolastico avrebbe potuto riprendere gli studenti anche in situazioni intime. La difesa ufficiale della scuola è arrivata attraverso una lettera del sovrintendente Christopher McGinley, che ha spiegato che il sistema di monitoraggio era stato installato solo con le funzioni di "allarme", per localizzare i computer rotti o rubati, o che erano stati dati in prestito ad altre persone, senza l'autorizzazione del distretto scolastico.

La scuola di Philadelphia non è l'unica ad aver cercato di estendere fin dentro le case degli studenti i propri strumenti di controllo. La South Bronx di New York City ha fornito i computer dei suoi alunni di un software che permette di visualizzare a distanza tutto ciò che appare sul desktop dei loro computer. Una funzionalità che consente quindi di ritrasmettere anche il volto degli studenti, quello che fanno e quello che dicono in videochat, quando la webcam del computer viene avviata, e sullo schermo si apre la finestra del video. Due settimane fa nel programma televisivo della Pbs Digital Nation, il vicepreside della scuola, Dan Ackerman, ha mostrato come riusciva a usare quel programma proprio come lo specchio oscurato degli interrogatori, e vedere senza essere visto.

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11/05/2010 14:43

La macchina perfetta della censura cinese


PECHINO - Non possiedo la chiave della mia casa di Pechino. Gentili sorveglianti, giorno e notte, aprono e chiudono l'ingresso della vecchia dimora cinese dove vivo e lavoro. Controllano tutto, per la mia sicurezza. Se voglio andare a dormire, o incontrare qualcuno, devo prima suonare il loro campanello.
Nemmeno l'uscita secondaria dell'ufficio, attraverso telefono e computer, può essere usata liberamente. Le conversazioni sono registrate e una voce cinese spesso suggerisce cautele che non sono in grado di comprendere. La posta elettronica viene filtrata da un esercito di ingegneri del governo. Identificano le persone che mi contattano e, come gesto di riguardo, glielo comunicano.

Internet è sottoposto a verifiche automatiche ossessive. Spesso degenerano nella comicità, innescata dagli equivoci di caratteri linguistici consonanti. "Carota" è un termine bloccato: il primo ideogramma coincide con il nome del presidente Hu Jintao. Quando ingenuamente cerco una parola proibita, o mi attardo su un argomento vietato, lo schermo del pc si svuota e una scritta mi segnala l'errore tecnico che ho commesso. Se i peccati sono più gravi, ancorché inconsapevoli, si viene educati. Per un certo tempo connettersi alla Rete diventa impossibile, o richiede tempi inaffrontabili. Per qualche settimana, dopo l'uscita di un articolo "non armonizzato", viene a trovarmi la polizia. Ragazzi sorridenti controllano visti, documenti e permesso di lavoro. Sono uno straniero: fanno il loro dovere. L'assistente dell'ufficio viene quindi invitata a "bere un thé" dai funzionari. Al ritorno, con noncuranza, ne approfitta per un breve ripasso sui fondamentali della prudenza che regolano l'informazione ufficiale. Preferisce non sapere le notizie che seguo. Segnala quelle pubblicate sulla stampa del partito.


Non sono un "caso". Per fare il mio dovere non sono costretto ad andare in esilio a Hong Kong, come Google. Queste attenzioni, oltre alle preliminari "visite mediche", gratificano tutti i quattrocento corrispondenti stranieri che lavorano in Cina. Al mattino, chi fa jogging, non è più seguito da un corteo di ansimanti agenti con la macchina fotografica scarica. Per i giornalisti cinesi le cure sono più attente. Un Paese con un miliardo e trecento milioni di abitanti, guidato da un potere che non viene eletto dal popolo, non può permettersi di precipitare nel caos dell'informazione indipendente. I cronisti, prima di mettere piede in un giornale, o in una televisione, conoscono lo stretto confine di Stato tra lecito e illecito. Per cancellare me, ammesso che una simile frivolezza interessi a qualcuno, basta interrompere la corrente elettrica. Loro perdono il posto di lavoro e iniziano il pellegrinaggio in tribunale, anticamera della cella. È sufficiente la prospettiva.

La Cina mi censura? No. Posso accedere senza restrizioni a fatti, persone e informazioni che ritengo di interesse pubblico? No. Le autorità di Pechino censurano i mezzi di comunicazione cinesi? Sì. Pensano che il web sia il nemico più pericoloso del regime comunista? Sì.

Queste quattro risposte, per il partito plasmato da Mao e per molte democrazie occidentali, sono ragionevoli. Non risolvono però il dubbio che insegue chi cerca di raccontare il viaggio della Cina contemporanea. Siamo vittime di uno Stato di polizia, fondato su censura e propaganda, o siamo perseguitati dai problemi tecnici che minano una Rete frequentata ogni giorno da quattrocento milioni di internauti? Siamo nel mirino delle autorità, o in quello di una massa di hacker nazionalisti sfuggiti di mano al potere che li ha creati? Il problema è che in Cina l'inverno della stampa si è fatto così rigido che il muro dell'indicibile non distingue più i mattoni che lo cementano. La metamorfosi è compiuta. Censura e propaganda, ormai invisibili e non rintracciabili, si confondono: da fisiche sono mutate in elettroniche, da ideologiche in economiche. Potere socialista e business capitalista si intrecciano, politica e finanza sono braccia dello stesso corpo.

Siamo già oltre la libertà di internet. Il punto è essere autorizzati a riferire i fatti che accadono, senza infrangere la legge, e avere le prove che essi si siano realmente verificati. All'origine della sapiente confusione asiatica, organizzata affinché vero e falso possano coincidere, c'è il vecchio pregiudizio. I cinesi pensano che i giornalisti stranieri siano spie di potenze nemiche. Noi restiamo convinti di non poter mai credere in loro. Una doppia paranoia, alimentata dalla paura, si confronta. Dopo la strage di Tiananmen nel 1989, la repressione dei monaci tibetani nel 2008 e i disordini nello Xinjiang domati l'anno scorso con il sangue, la reciproca autocensura web è la gloriosa vittoria dei tecnocrati al comando.

La costruzione è grandiosa. Fino a ieri Pechino controllava persone e informazioni attraverso il "Dipartimento centrale di propaganda del Partito comunista". L'apparato, nonostante i casi-simbolo di giornalisti e dissidenti arrestati, era un colabrodo. Con la bomba atomica di internet, seguita dai missili di social network e motori di ricerca, la Cina si a' vista costretta a erigere la nuova "Grande Muraglia di Fuoco" contro l'invasione delle idee dall'Occidente e l'evasione dei cervelli dall'Oriente. L'ufficio della propaganda è stato superato dal Gapp, la "General Administration of Press and Publication", a cui è affidata la gestione e supervisione dei media. Quattordici ministeri si contendono l'obbedienza di oltre due milioni di funzionari che battono il cyberspazio per "armonizzare le informazioni" e "guidare l'orientamento dell'opinione pubblica".

Sono tecnici e ingegneri elettronici raffinati, quasi sempre formati nei laboratori di Stati Uniti e Gran Bretagna. A loro volta si appoggiano a schiere di "volontari" che in ogni villaggio, in ogni fabbrica e in ogni condominio, esercitano l'hackeraggio free-lance su commissione del partito. I dati di 400 milioni di internauti e 193 milioni di blog confluiscono nei tre centri di calcolo di Pechino, Shanghai e Guangzhou. Gli amministratori web intercettano e confrontano ogni parola e ogni immagine con una lista, in continua evoluzione, di termini-chiave e indirizzi proibiti. Ciò che la Cina considera "contro gli interessi nazionali", sparisce per mano del calcolatore.
Autodifesa, non bavaglio. Ovviamente non basta. Sei milioni di cinesi poco patriottici hanno appreso le manovre per aggirare la "diga verde", ricorrendo a reti private virtuali e server proxy.

La censura automatica del finto internet cinese, negli ultimi mesi, è stata così completata dai commentatori online di partito. Milioni di opinionisti, assoldati dai funzionari locali, combattono la guerra della manipolazione. Non si limitano a inviare alle redazioni la "linea ufficiale" sui fatti, gli eventi da enfatizzare e quelli da tacere. Assumono false identità e ogni giorno scrivono migliaia di commenti contro la minima critica sfuggita al setaccio dei computer. Secondo il ministero della tecnologia informatica, prima che la reazione popolare possa sfuggire al controllo, c'è oggi una finestra di due ore per bloccare un'informazione non filtrata e inondare il web di giudizi che la demoliscono. Un test sulla "tempesta di positività" ha stabilito che se il team della propaganda cinese funziona, possono bastare venti minuti per convincere che un fatto non sia accaduto, o che la denuncia di uno scandalo sia frutto di "intromissioni di potenze concorrenti decise ad arginare lo sviluppo della Cina".
Contro la realtà virtuale, Pechino schiera la falsificazione virtuale. Impedisce ai giornalisti di raggiungere eventi e persone reali. Semplifica le nostre giornate con decine di conferenze stampa "obbligatorie", dove le domande non sono previste, e regala tempo libero con la nuova offensiva delle news in inglese. Tivù, agenzie e giornali del partito-Stato offrono ormai abbondante cibo precotto allo stomaco vorace degli impoveriti media stranieri. Possiamo raccontare la Cina senza conoscerla e magari senza metterci piede, senza la barriera della lingua, a basso costo e senza noie. Ma soprattutto la Cina si appresta a occupare l'attenzione mediatica globale con la sua visione in inglese sulle vicende internazionali. L'autoprodotta glorificazione nazionale di Cctv e della neonata Cnc contende ormai il campo alla Cnn.

Dobbiamo riconoscere che non sono le mail deviate a indirizzi sconosciuti, o l'improvvisa ribellione di Google alla censura che aveva accettato, a indicare l'escalation del controllo cinese sulla vita di chi abita dentro e fuori questo continente. Il gradimento della democrazia è crollato con gli indici delle sue Borse. Pechino non ha più alcun timore che il suo esplosivo ceto medio, ostaggio dei mutui, possa ridiscutere la stabilità dell'opzione autoritaria. Il problema è che l'abbraccio tra Partito comunista e imprese privatizzate, fondato sulla corruzione, si è consumato e si estende ormai a governi e multinazionali stranieri, profeti del furto perfezionato in sistema dell'equilibrio planetario. Grazie a internet, regalato ora al monopolio di Baidu, la censura cinese scopre semmai le comodità dell'elettronica. Nascondere le realtà, o modificarla, non serve più, quando basta una mail automatizzata per togliere le notizie dai giornali, stranieri compresi.

Sono felice di non possedere la chiave della mia casa di Pechino. Sono nelle mani sicure di vecchi militari che suonano il flauto. Quando esco si accendono di entusiasmo e chiedono al tassista se per caso mi stia per portare all'aeroporto internazionale. È il tempo che sempre aspettano, quello "senza problemi". Non hanno ancora capito cosa è vietato e cosa no. Mi negano una sola informazione, l'unica che in Cina tenderei a ritenere verosimile: la temperatura dell'aria. Presenta il prefisso "wendu": troppo simile al cognome del premier Wen Jiabao.

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