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Cento anni di Giro

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    00 07/05/2009 20:58
    l’Italia on the road
    Poi magari, tra altri cento anni, capiremo meglio qual è la formula magica che lo ha fatto arrivare fino a qui. È partito alle 2.53 del 13 maggio 1909 da Milano e non si ferma mai. Il Giro d’Italia che scatta sabato dal Lido di Venezia e arriva a Roma domenica 31 è sulla breccia da un secolo: completamente diverso da quello dei pionieri eppure sempre uguale nella sostanza, intesa come essenza però, non come additivo chimico. Un’essenza che il Giro lascia ancora dietro di sé nell’aria come una scia, lunga quasi trecentotrentamila chilometri e capace di seminare centinaia di storie, cresciute nell’immaginario di un Paese intero.

    Coppi, Ronconi e Bartali al giro d'Italia 1940 (Rcs)

    Piccole grandi epopee, farse tristi o favole lievi a cui, nonostante tutto, a volte è bello ancora credere, per farsi un po’ di compagnia su una strada ricca di salite e di sorprese. Dal primo vincitore, il muratore Ganna, all’ultimo, lo spagnolo Contador che sale sul podio con il blackberry in tasca, il Giro ha lanciato decine di protagonisti e qualche icona di prima grandezza. C’erano una volta i padri della patria ciclistica, Ganna appunto, con Girardengo, Binda e Guerra. Poi però con il boom di questo sport, inserito in un contesto storico irripetibile, sono arrivati i padri della patria anche in senso stretto: Fausto Coppi e Gino Bartali. A volte sembra quasi che il Giro si sia fermato lì, a contemplare i suoi due figli prediletti, come prigioniero di un passato irripetibile fatto di battaglie su strade sterrate, di entrate coraggiose a Trieste (1946), di telefonate politiche (De Gasperi a Bartali dopo l’attentato a Togliatti nel ’48) e di una morte assurda, come quella di Fausto all’alba degli anni 60. Gli anni di un altro boom, quello economico del Paese, hanno riempito le strade di macchine e moto. La bicicletta però si è destreggiata ancora alla grande, legata com’era (e in parte è ancora) a chi è abituato così tanto alla fatica da farne un mestiere o un passatempo.

    Motta e Gimondi al Giro 1966 (Olympia)

    Al Giro, le sfide accese dai nostri, Gimondi e Motta su tutti, contro una macchina umana come Eddy Merckx, hanno arricchito di nuovo l’immaginario di un’epoca. L’ultimo grande duello è arrivato qualche anno dopo ed è stato quello tra Moser e Saronni all’inizio degli anni 80. In seguito solo il dominio di Bugno (ultimo a rimanere in rosa dall’inizio alla fine nel ’90) e il maestoso incedere di Indurain (ultimo invece a fare la doppietta, ’92 e ’93) hanno trovato spazio in una memoria condivisa da tutti, al di là del tifo o della nazionalità. Poi qualcosa è cambiato, anno dopo anno. Per dire: all’alba dei primi giri i corridori venivano fotografati uno per volta, per essere riconosciuti lungo il cammino ed evitare inganni. Oggi non avrebbe più molto senso, perché alcuni dei protagonisti hanno una doppia faccia, stravolta da un altro boom senza fine, quella di una farmacia rampante quanto deprimente. È vero: il popolo del ciclismo, anche quello reso immortale dalle foto virate seppia, ha sempre messo l’arte di arrangiarsi davanti a tutto. Per chi vive sulla strada in fondo è più facile che per gli altri e così, dalle «bombe» di un tempo agli stimolanti trovati dopo l’introduzione dei controlli antidoping nel 1968, fino alla sbornia di Epo degli anni 90, molti, tra campioni e figuranti, hanno abbassato la testa per un attimo più o meno lungo.

    Pantani prelevato a Campiglio dai carabinieri nel 1999 (Reuters)

    Alcuni di loro non hanno più saputo rialzarsi: nell’anno del Centenario, ricorre anche il decennale dell’inizio della caduta di Marco Pantani. Per il Giro, nato in piena febbre futurista, il problema degli ultimi anni è un’altra malattia che logora il ciclismo da troppo tempo ed è aggravata dalla modernità incalzante: la febbre del doping e la grande rimonta dell’antidoping racchiudono oggi la sfida meno visibile eppure più importante. Medici preparatori con il pallino dei farmaci proibiti e laboratori sempre più evoluti grazie a un business dei controlli in crescita esponenziale, influiscono in maniera massiccia sugli ordini d’arrivo. È paradossale dirlo oggi, in cui si è perso il conto degli scandali e il numero dei corridori fermati è imbarazzante, ma il virus del doping, a forza di bastonate, si è indebolito rispetto allo scorso decennio. Non morirà mai, questo purtroppo è certo, ma gli anni del far west sono alle spalle: oggi al Giro si corre solo con il passaporto in regola, ovvero con i giusti parametri sanguigni, biologici ed endocrinologi. I falsari non sono spariti, ma hanno la vita meno facile di un tempo e chi cade nella rete dell’antidoping non può più nascondersi dietro al «così fan tutti» sempre duro a morire. Il Giro del centenario sarà anche la corsa di Lance Armstrong, l’uomo che più di tutti incarna le sfide vinte ma anche le complesse inquietudini dell’ultima era ciclistica. Da Venezia a Roma non sarà una vacanza, nemmeno per lui: però questo sport, sempre sospeso tra il mito della fatica e la ricerca ossessiva del limite, due concetti sublimati dalle grandi salite, potrebbe regalarsi anche un sorriso e un po’ di gioia. Come regalo per i primi cento anni del Giro non sarebbe male.

    corriere.it


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    00 07/05/2009 21:02
    Albo d'oro
    ANNO VINCITORE
    2008 CONTADOR Alberto
    2007 DI LUCA Danilo
    2006 BASSO Ivan
    2005 SAVOLDELLI Paolo
    2004 CUNEGO Damiano
    2003 SIMONI Gilberto
    2002 SAVOLDELLI Paolo
    2001 SIMONI Gilberto
    2000 GARZELLI Stefano
    1999 GOTTI Ivan
    1998 PANTANI Marco
    1997 GOTTI Ivan
    1996 TONKOV Pavel (Russia)
    1995 ROMINGER Tony (Svizzera)
    1994 BERZIN Eugeni (Russia)
    1993 INDURAIN Miguel (Spagna)
    1992 INDURAIN Miguel (Spagna)
    1991 CHIOCCIOLI Franco
    1990 BUGNO Gianni
    1989 FIGNON Laurent (Francia)
    1988 HAMPSTEN Andrew (U.S.A.)
    1987 ROCHE Stephen (Irlanda)
    1986 VISENTINI Roberto
    1985 HINAULT Bernard (Francia)
    1984 MOSER Francesco
    1983 SARONNI Giuseppe
    1982 HINAULT Bernard (Francia)
    1981 BATTAGLIN Giovanni
    1980 HINAULT Bernard (Francia)
    1979 SARONNI Giuseppe
    1978 DE MUYNCK Johan (Belgio)
    1977 POLLENTIER Michel (Belgio)
    1976 GIMONDI Felice
    1975 BERTOGLIO Fausto
    1974 MERCKX Eddy (Belgio)
    1973 MERCKX Eddy (Belgio)
    1972 MERCKX Eddy (Belgio)
    1971 PETTERSON Gösta (Svezia)
    1970 MERCKX Eddy (Belgio)
    1969 GIMONDI Felice
    1968 MERCKX Eddy (Belgio)
    1967 GIMONDI Felice
    1966 MOTTA Gianni
    1965 ADORNI Vittorio
    1964 ANQUETIL Jacques (Francia)
    1963 BALMAMION Franco
    1962 BALMAMION Franco
    1961 PAMBIANCO Arnaldo
    1960 ANQUETIL Jacques (Francia)
    1959 GAUL Charly (Lussemburgo)
    1958 BALDINI Ercole
    1957 NENCINI Gastone
    1956 GAUL Charly (Lussemburgo)
    1955 MAGNI Fiorenzo
    1954 CLERICI Carlo (Svizzera)
    1953 COPPI Fausto
    1952 COPPI Fausto
    1951 MAGNI Fiorenzo
    1950 KOBLET Hugo (Svizzera)
    1949 COPPI Fausto
    1948 MAGNI Fiorenzo
    1947 COPPI Fausto
    1946 BARTALI Gino
    1940 COPPI Fausto
    1939 VALETTI Giovanni
    1938 VALETTI Giovanni
    1937 BARTALI Gino
    1936 BARTALI Gino
    1935 BERGAMASCHI Vasco
    1934 GUERRA Learco
    1933 BINDA Alfredo
    1932 PESENTI Antonio
    1931 CAMUSSO Francesco
    1930 MARCHISIO Luigi
    1929 BINDA Alfredo
    1928 BINDA Alfredo
    1927 BINDA Alfredo
    1926 BRUNERO Giovanni
    1925 BINDA Alfredo
    1924 ENRICI Giuseppe
    1923 GIRARDENGO Costante
    1922 BRUNERO Giovanni
    1921 BRUNERO Giovanni
    1920 BELLONI Gaetano
    1919 GIRARDENGO Costante
    1914 CALZOLARI Alfonso
    1913 ORIANI Carlo
    1912 a squadre: ATALA
    1911 GALETTI Carlo
    1910 GALETTI Carlo
    1909 GANNA Luigi


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    00 16/05/2009 12:36
    Dopo la prima settimana di Giro i primi verdetti sembrano essere già emessi. Sono iniziate infatti le prime salite (anticipate rispetto agli ultimi anni) e la classifica generale mette fuori classifica molti possibili outsider.
    In maglia rosa Danilo Di Luca, tornato a essere sui livelli del 2007 quando riuscì a tenere la maglia rosa fino alla fine. Dietro di lui i pericolosi Lovqvist (giovane svedese del Team Columbia) a 5", Rogers (ancora del Team Columbia) a 36", Leipheimer (americano compagno di squadra di Armstrong all'Astana) a 43" e Menchov (russo della Rabobank) a 50". Tutti questi corridori guadagneranno (parecchio) nella cronometro su Di Luca che dunque pare destinato a perdere temporaneamente la testa della generale. Ivan Basso (forse il favorito n. 1) è 6° a 1' 06", Sastre (vincitore del Tour 2008 e sempre pronto a stupire) subito dietro a lui a 1' 16".
    Molto deludenti i due capitani della Lampre, Bruseghin (19° a 3' 16") e soprattutto Cunego (21° a 3' 29"). Quest'ultimo è chiamato ad una prova d'orgoglio nelle prossime tappe per recuperare il tempo perduto sulle prime salite. Di tappe ce n'è a sufficienza, ma Roma non è neanche troppo lontana...

    Il più in forma mi è sembrato comunque Menchov, corridore molto forte a cronometro, che sembra in grande condizione anche quando la strada sale. L'incognita può essere il mantenimento della forma durante le tre settimane di corsa, ma da un vincitore di due edizioni del Giro di Spagna ci si aspetta una ragionevole gestione delle energie.
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    00 31/05/2009 21:28
    Emozioni fino all'ultimo. Il Giro incorona Menchov

    ROMA - Il Giro tiene. Il fascino della corsa rosa c'è. Resiste ancora. Anche se mai come in questa edizione i cosiddetti "giganti della strada" sono apparsi piccoli piccoli. Senza voler togliere nulla alla grande fatica dei corridori nelle tre settimane di corsa, pedalate alla media record di oltre 40 all'ora; combattute, anche se sempre solo nei pochi chilometri finali. Stilettate invece che colpi di sciabola coinvolgenti. Punture di spillo invece di attacchi travolgenti. Ma lo spettacolo non è mancato. Le emozioni neppure. Moderate, soffuse. Unico tuffo al cuore la caduta di Menchov ai Fori Imperiali nella crono finale.

    Una situazione cui i tifosi delle due ruote dovranno giocoforza fare la bocca, per i prossimi anni, perché il ricambio nel ciclismo di oggi è assai difficile, i protagonisti sono ancora gli ultra trentenni (Menchov, Di Luca, Pellizotti, Sastre, Basso, ecc.); i personaggi latitano, come i campioni. E sul fronte dei giovani si è visto ben poco a parte il norvegese Boasson Hagen e l'abruzzese Francesco Masciarelli (Acqua & Sapone) promettente, ma ancora acerbo. Siamo ancora in mezzo al guado e non solo dal punto di vista agonistico. Con la minaccia imcombente di un procedimento penale in Austria che coinvolge il vincitore di Roma e fa tremare la classifica.

    La corsa rosa ha doti di grande resistenza: regge anche agli esperimenti e alle "rivoluzioni" che, inseguendo i denari dei comitati di tappa e le esigenze dello spettacolo (cioè della tv, ormai padrona di tutto) hanno caratterizzato questa mome altre edizioni recenti e recentissime; il percorso all'inverso, le Dolomiti quasi inesistenti, le montagne cancellate, le crono di montagna infinite, nuova categoria cui può essere ascritta la mega frazione delle Cinque Terre, che deciso la corsa. E che definire atipica è pura eufemia.

    Il Giro regge, lo dice l'audience non folgorante ma stabile con share attorno al 20% e picchi del 28% nei momenti clou; lo dice l'interesse dei media crescente (1,058 giornalisti e 350 fotografi). Ma non è certo il caso di esagerare. Il prossimo anno si partirà da Amsterdam con due tappe in Olanda. E si annuncia giocoforza una edizione con i mega-trasferimenti tanto aborriti da tutti, corridori e suiveurs. Quest'anno il sud è stato completamente ignorato, se si vorranno inserire tappe più giù di Benevento ci sarà da galoppare.

    Avrebbe dovuto essere il Giro della sfida fra Armstrong e Basso, è stato il Giro di Menchov e Di Luca. Come sempre nel ciclismo è la strada a decidere in barba ad ogni pronostico. Ma sia l'americano che il varesino non sono da bocciare. Il texano ha lottato, accettando con modestia perfino il ruolo di gregario del compagno Liepheimer. Davvero sarebbe stato un "marziano" se i tre anni di assenza dalle gare, ma anche l'incidente (frattura alla clavicola con relativo intervento chirurgico) due giorni dopo la "Sanremo", non avessero avuto un ruolo pesantissimo sul suo rendimento.

    Quanto a Menchov, ha fatto solo l'indispendabile, l'unico brivido lo ha dato la spettacolare caduta all'ultimo chilometro nella crono romana. Ma non ha rubato nulla, ha vinto con merito. Mentre Di Luca ha davvero tentato l'impossibile per tre settimane, senza arrendersi mai, perfino nella tappa finale disputata al cardiopalma. Per un momento ha fatto dimenticare il passato non limpidissimo.

    repubblica.it
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    Città: MILANO
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    00 02/06/2009 21:36
    ... Appunto! Si vedeva che era il corridore da battere! Comunque è stato il più bel giro degli ultimi 10 anni, una grande lotta e tanti outsider che ad ogni tappa cercavano gloria. Se Di Luca è stato il più attivo, il più combattivo è stato senza dubbio Garzelli (a 37 anni sembrava un ragazzino dalla voglia che aveva di lottare, peccato non abbia vinto tappe lo avrebbe meritato) e la squadra più forte la Liquigas di Pellizotti (una conferma, 4° nel 2008, 3° quest'anno) e Basso (mi aspettavo qualcosa di più ma forse lo rivedremo competitivo al Tour o alla Vuelta). Senza scordare Sastre (vincitore di due tra le tappe più difficili).
    Non sono mancate le delusioni: Cunego a parte (continua a rimanere un mistero il crollo continuo delle sue prestazioni in salita nei grandi giri) il ciclista che ha reso meno rispetto alle attese è stato Leipheimer. L'americano era 3° distaccato di pochi secondi ancora dopo 10 giorni, ma quando il gioco si è fatto duro ha mollato il colpo perdendo minuti su minuti...