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Cannes

Ultimo Aggiornamento: 24/05/2009 21:18
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23/04/2009 19:42

Cannes 2009: Bellocchio in concorso
Il regista sarà unico italiano in gara

Marco Bellocchio, con il suo film "Vincere", è l'unico italiano in concorso al prossimo Festival di Cannes, che si terrà dal 13 al 24 maggio. "Vincere" ricostruisce l'amore segreto tra Benito Mussolini (Filippo Timi) e la giovane estetista Ida Dalser (Giovanna Mezzogiorno), che poi restò ricoverata in manicomio per anni, dove morì nel 1942. Bellocchio sfiderà, tra gli altri, Tarantino, Lee, Almodovar e Loach. In giuria anche Asia Argento.

Dopo l'exploit dell'anno scorso con "Gomorra" e "Il divo", quest'anno la presenza italiana in concorso si risolve quindi nel film che ha tra i protagonista Giovanna Mezzogiorno e Filippo Timi. La lista delle 20 pellicole che dal 13 al 24 maggio si contenderanno la Palma d'Oro 2009 è stata annunciata a Parigi ed è dominata dai grandi cineasti europei ed asiatici.

Poca Italia infatti ma anche pochi Stati Uniti, con Hollywood rappresentata solo dall'habitué Quentin Tarantino con "Inglorious bastards", film sulla Seconda guerra mondiale con Brad Pitt e Diane Kruger. Tra le altre pellicole "Looking for Eric" di Loach che ha per protagonista l'ex calciatore Eric Cantona, "L'Anticristo" del danese Lars von Trier, "Bright Star" della neozelandese Jane Campion e "Los abrazos rotos" di Almodovar.

Ad aprire la competizione ci sarà il film di Peter Docter, "Up". Chiuderà invece "Coco & Igor" di Jan Kounen.

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23/04/2009 19:43

Ecco la lista dei 22 film in competizione per la Palma d'oro al 62° Festival di Cannes (13-24 Maggio 2009).

- Pedro Almodovar, "Los Abrazos Rotos".
- Andrea Arnold, "Fish Tank".
- Jacques Audiard, "Un Prophete".
- Marco Bellocchio, "Vincere".
- Jane Campion, "Bright Star".
- Isabel Coixet, "Map of The Sounds of Tokyo".
- Xavier Giannoli, "A L'Origine".
- Michael Haneke, "Das Weisse Band".
- Ang Lee, "Taking Woodstock".
- Ken Loach, "Looking for Eric".
- Lou Ye, "Chun feng chen zui de ye wan".
- Brillante Mendoza, "Kinatay".
- Gaspar Noe, "Enter the Void".
- Park Chan-Wook, "Bak-Jwi".
- Alain Resnais, "Les Herbes Folles".
- Elia Suleiman, "The Time that Remains".
- Quentin Tarantino, "Inglourious Basterds".
- Johnnie To, "Vengeance".
- Tsai Ming-liang, "Visage".
- Lars Von Trier, "Antichrist".

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23/04/2009 19:51

Per chi fosse interessato a qualche notizia in piu' sulla storia del Festival di Cannes:

it.wikipedia.org/wiki/Festival_di_Cannes
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13/05/2009 20:38

Il 3D 'Up' apre la 62esima edizione. Commozione e applausi alla proiezione
Cannes, 13 maggio 2009 - E' 'Up', il nuovo film Pixar-Disney, ad aprire la 62° edizione del Festival di Cannes. Alla prima proiezione, quella per la stampa, la 'pellicola' 3D ha suscitato commozione e riservato applausi. Un capolavoro dell'animazione, con un'immagine tridimensionale di qualità impensabile solo qualche anno fa.



Il film racconta la storia di Carl, un anziano vedovo che dopo una vita felice con la moglie Ellie conosciuta da bambino, si ritrova depresso a rimuginare sul passato mentre intorno alla sua vecchia casa piena di ricordi si costruiscono grattacieli. L’incontro con il boyscout obeso Russell lo porterà a trasformare in realtà il sogno di una vita: andare in Sud America con la sua casetta e vivere proprio in cima alle Paradise Falls. Il viaggio sarà chiaramente una grande avventura piena di incontri - il meraviglioso colorato uccello Kevin, il grande esploratore Charles Muntz diventato odioso, cani parlanti - alla fine della quale il burbero Carl sarà diventato il felice nonnetto adottivo di Russel.



IL FESTIVAL AL TEMPO DELLA CRISI

Meno ricevimenti, camere d’albergo in condivisione, e i paparazzi che fanno sconti. Tutto fa pensare che anche la 62esima edizione del Festival di Cannes tenti di contrastare come può gli effetti della crisi economica globale: eliminando strass e paillettes. Nonostante i grossi nomi che appaiono, come ogni anno, nel cartellone della kermesse che si apre oggi sulla Croisette, organizzatori e rappresentanti dell’industria cinematografica si dicono preoccupati per la recessione, che potrebbe togliere lustro al grande evento.
Al festival, che termina il 24 maggio, quando sarà annunciata la Palma d’oro, l’anno scorso si erano accreditati 4.300 giornalisti venuti da tutto il mondo. Ma non bisogna dimenticare che in questi 12 giorni si fanno soprattutto “affari”. E’ probabile che i rappresentanti del settore, il primo al mondo con i suoi 8mila produttori, siano particolarmente attenti al portafoglio quest’anno. Il bilancio del festival sfiora i 20 milioni di euro, la metà dei quali finanziati dallo Stato.

Tra le migliaia di persone che lavorano per le decine di aziende che sbarcheranno in questi giorni sulla Costa Azzurra, alcuni non hanno cambiato le loro abitudini. Canal+, principale partner del festival, ha confermato lo stesso budget dell’anno scorso, cioè 6 milioni di euro, e lo stesso staff, 500 persone. “Ma perchè tutti mi chiedono se abbiamo ridotto la nostra presenza?”, si chiede un responsabile dell’emittente sotto condizione di anonimato, intervistato dal sito di informazione Ru89. Di sicuro perchè qualcun altro l’ha fatto. La Paramount, per esempio, non è venuta. Sui fratelli Weinstein, produttori di Tarantino, girano voci di chiusura della società. E tutto questo mentre Hollywood si riprende lentamente dallo sciopero degli sceneggiatori.

quotidiano.net
[Modificato da cuix 13/05/2009 20:57]
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14/05/2009 13:26

Cannes, sobrio e indigente: arriva il Festival della crisi

CANNES - Sobrio, parsimonioso, indigente, anche un po' mendicante; è il glorioso Festival di Cannes alla sua 62ª edizione, la prima della crisi economica mondiale, quindi ancora un po' stordita dall'impatto con la scivolosa recessione. Arrivano centinaia di film, nelle sezioni ufficiali e nel mercato, più di sempre carichi di debiti, ansiosamente a caccia di finanziatori spendaccioni e di generosi distributori: che però quest'anno non affollano gli alberghi di lusso e non intasano il porto di enormi barche.

Sarà anche contingentato il numero di divi che andranno su e giù sul famoso tappeto rosso, persino prodotti di bellezza, gioielli e moda, che negli anni scorsi moltiplicavano le cene sui loro yacht, quest'anno latitano; e i famosi addetti alle celebrities diminuiranno i loro compensi alle stesse, con obbligo di restituire subito la toilette e persino la pochette da scalinata. In controtendenza pare ci sia solo la Russia che ha raddoppiato il suo spazio al mercato, non ha nessun film in concorso ma due nella sezione Un certain regard e tenta di vendere anche filmoni storici su Gengis Khan e Taras Bulba, oltre alla commedia Hitler goes kaput. Non si esclude che per sostenere il rilancio internazionale del cinema russo arrivi addirittura il primo ministro Putin.

L'anno scorso c'erano in concorso due film italiani, Gomorra e Il divo, entrambi premiati al Festival; un tale successo aveva eccessivamente entusiasmato i cinepatrioti, tanto da far gridare alla rinascita del nostro cinema, che per il resto invece ha continuato a sonnecchiare. Questa volta il severo ma sapiente direttore del festival, Thierry Frémaux, certo consultando il presidente Gilles Jacobs, suo predecessore inflessibile e garbato per 30 anni, ha invitato un solo nostro film: storico e minaccioso il titolo, Vincere, tragica e vergognosa la storia, quella del figlio segreto di Mussolini, ammirevole e geniale il regista, Marco Bellocchio.

Certo pensando che in tempi di crisi è meglio andare sul sicuro, Frémaux ha rispolverato una serie di impeccabili maestri, alcuni canuti, già entrati nella storia del cinema e dello stesso festival, il che di solito suscita reverente anche se talvolta dubbiosa accoglienza. Oltre al settantenne Bellocchio, sono in concorso il francese Alain Resnais, 87 anni, e l'inglese Ken Loach, 72 anni, già vincitore di una Palme d'Or, come l'hanno già vinta Jane Campion, Lars von Trier e Quentin Tarantino, adesso in gara per vincerne una seconda.

Le storie, come le ha anticipate il mensile Ciak, vengono spesso da lontano, addirittura dall'antico Egitto, e chissà cosa penseranno le filosofe femministe del ritratto di Ipazia interpretato da Rachel Weisz nel film di Amenabar Agora. Il poeta John Keats, morto a Roma nel 1821, è il protagonista di Bright star di Jane Campion, i brillanti e colti anni 20 parigini sono rievocati da Jan Kounen in Coco Chanel e Igor Stravinsky, il 1969 con la rivolta gay e il più grande raduno rock del mondo sono raccontati da Ang Lee in Taking Woodstock, nella Francia occupata dai nazisti Brad Pitt coi baffi partecipa a un attentato contro Hitler in Inglourious basterds, che essendo diretto da Tarantino, s'immagina più bizzarro che storico.

Per i cultori dell'horror classico c'è Sam Raimi (Drag me to Hell) con zingara maledicente, per quelli dell'horror erotico c'è Thirst del sanguinario Park Chan-wook, con prete-vampiro, per quelli della pornostregoneria c'è il realistico Antichrist di Von Trier cui tocca l'indispensabile compito di montare un piccolo cinescandalo.

Bellezze al Festival, tante: Monica Bellucci e Laetitia Casta, Penelope Cruz e Anna Mouglalis, Sophie Marceau e Giovanna Mezzogiorno.

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17/05/2009 02:03

Gli stilisti italiani vestono le star

CANNES -Belle e altezzose. Come si confà a delle attrici che calcano i red carpet. Ora è la volta di quello di Cannes che ha visto un’apoteosi di stilisti italiani vestire le star più gettonate del momento. Giorgio Armani la fa da padrone proprio alla serata della cerimonia d’inaugurazione della 62edisima edizione del Festival Internazionale del Cinema.

IL LOOK DELLA GIURIA - La famosa attrice francese Isabelle Huppert, Presidente della giuria del Festival, ha scelto di indossare un abito robe-manteau doppiopetto in organza di seta color champagne, con profonda scollatura a ‘V’, completamente ricamato con fiori e strass, di Giorgio Armani Privé. Asia Argento, membro della giuria, ha optato per un modello a pagoda, in seta a stampa floreale, con motivi ad intarsio. Ad impreziosire l’abito punti luce Swarovski e dettaglio-spilla sul corpino. Anche Elisabeth Banks ( abito da sera monospalla in organza jacquard tono su tono in seta color corallo con motivo a drappeggio su lato) e Eugenia Silva (abito con corpino impreziosito da fasce ed elementi ricamati con strass e cristalli e gonna lunga remborsé interamente ricamato con nastri di velluto e ricamo jais neri) erano firmate Armani.

TULLE E SWAROVSKI - Pure Roberto Cavalli s’è dato da fare: molte le celebrities vestite dallo stilista fiorentino. Da Shu Qi, membro delle giuria (abito strapless in mousseline cangiante francese, drappeggiato a mano sul seno, molto vaporoso e con coda) a Aishwarya Rai (abito in tulle di seta bianco con gonna a balze corpetto ricamato a mano con cristalli Swarovski e sandalo rosso carpet di Sergio Rossi) a Jaydy Michel (abito in jersey linea a sirena con ricamo di cristalli sotto il seno) a Caroline Gruosi-Scheufele (seta color champagne e drappeggi) fino a Devon Aoki che in occasione del cocktail party di Chopard «Belle de Nuit» ha indossato un vestito in mousseline di seta con torchon intorno al collo e arricciature nella coda.

DIVE SOTTO I RIFLETTORI - L’importante è essere come delle regine. E almeno per quei pochi minuti che trascorrono tra la discesa dall’auto fino all’entrata del grande teatro, è come se lo fossero davvero, accecate dai flash, immortalate dalle telecamere di tutto il mondo. Una passerella fondamentale, quindi, per tutti i couturier che riescono a farsi scegliere dalle dive, notoriamente capricciose, che hanno decine di mise a loro disposizione. Alberta Ferretti ha sempre fatto l’en plein, amata e vezzeggiata dalle attrici più note. Asia Argento ha voluto un abito firmato Ferretti (loungette rosa antico di crepe con profili e cintura in satin grigio) durante la conferenza stampa di presentazione della giuria mentre Alessia Piovan, sia alla serata inaugurale (monospalla color blu cobalto) che al party Chopard (chiffon e satin azzurro) si è affidata alle sapienti mani di Alberta.

SCARPE E GIOIELLI - Per il suo debutto come regista, Fanny Ardant ha scelto Dolce e Gabbana che le hanno preparato diversi capi e, come da copione, la scelta finale sarà dettata dal momento e dall’umore. Eva Longoria, Chiara Caselli e Eva Herzigova hanno a disposizione diverse proposte di Versace. Louis Vuitton ha vestito Isabelle Huppert ( blusa in seta bordeaux con bordo in maglia metallica oro ed una giacca in crepe di seta) alla cena all’hotel Martinez mentre Robin Wright Penn (membro della giuria) di Vuitton ha indossato gli orecchini in oro giallo a cerchio della collezione di gioielleria Monogram Gallea. Gli accessori non sono da meno. Roger Vivier, marchio sinonimo di regalità (ha disegnato le scarpe per l’incoronazione della regina Elisabetta) a Cannes è ai piedi di Tilda Swinton, Penelope Cruz, Diane Kruger, Angelina Jolie, Rachel Weisz, Valeria Solarino, Eva Herzigova, Afef.

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17/05/2009 02:04

Sangue, angosce e bugie:il sesso malato d’Oriente
Il prete vampiro (e blasfemo), una bambola che prende vita e l’impossibilità di essere omosessuali nella Cina dei divieti

CANNES - Freud se la sa­rebbe data a gambe levate. Fosse capitato al Festival e vi­sto i tre film «made in Far East» proiettati nelle ultime 24 ore, il povero Sigmund si sarebbe rituffato sul lettino o magari avrebbe preso un volo per l’Oriente. Dove il sesso, te­ma in declino nel nostro esau­sto Occidente, sembra aver trovato l’estrema frontiera. Forse, direbbe sempre il papà della psy, perché rimozioni private e repressioni pubbli­che faranno anche i loro dan­ni ma certo contribuiscono a tener desta l’attenzione sul problema, a ingigantirlo, a non farlo scordare neanche un attimo. Così, a furia di pen­sarci su ecco che da quelle par­ti, tra Cina, Corea e Giappone, sull’eros e le sue infinite decli­nazioni ne sanno davvero una più del diavolo. Salvo poi vi­verlo malissimo, con paure, angosce, sensi di colpa e sma­nie di castigo che neanche la santa Inquisizione e la regina Vittoria.

Sesso, sangue, bugie e dvd. Questi gli elementi cardine che attraversano i tre film in questione, Spring Fever del ci­nese Lou Ye, Air Doll del giap­ponese Kore-Eda Hirokazu, Thirst del coreano Park Chan-wook. Quest’ultimo, già autore di Oldboy e Lady Ven­detta, ama Bach e quindi le va­riazioni infinite. Avendone esaurite buona parte nei pre­cedenti capitoli, ora si spinge su un fronte inedito: il porno vampirismo ecclesiale. Che Dracula fosse assetato di san­gue, meglio se di vergine, ce lo avevano già raccontato Mel Brooks, Coppola, Herzog. Ma che indossasse la tonaca e re­citasse giaculatorie, questa an­cora non s’era vista. Pronto a farsi martire per la fede, padre Sang-Yyun (un no­me un destino) si fa cavia umana per testare un vaccino contro un virus che prima di ucciderti ti riempie di pusto­le. Muore e risorge, esce ben­dato come Lazzaro e comincia a fare miracoli. Ma seguendo alla lettera il «prendete e beve­te questo è il mio sangue» si accorge che non può più far­ne a meno. E gli prende una tremenda smania di sesso che invano cerca di reprimere prendendo a randellate col flauto le incontrollabili erezio­ni. La donna che gli causa tali subbugli non è da meno. Si in­fligge forbiciate tra le gambe diventando così irresistibile oggetto di desiderio per il suc­chiasangue cattolico. «Adoro i film di vampiri e volevo in­ventarne uno tutto mio — di­ce Park Chan-wook —. Senza canini sporgenti, senza aglio e castelli gotici. Un vampiro a fin di bene, che per cercare la santità finisce nei gorghi del male».

In altri gorghi di sentimenti crudeli e segreti convivi, ci conduce Lou Ye in Spring Fe­ver, dove la scoperta di un tra­dimento anomalo, l’amante del marito è un uomo, inne­sca un vortice di amori tragici e proibiti. Come proibito è il regista, bersagliato da sempre dalla censura cinese che, per aver portato a Cannes Sum­mer Palace, sui fatti di Tie­nammen, gli ha proibito di fa­re film per cinque anni. Ma lui, sfi­dando le autorità di Pechino, ha girato questo in clandesti­nità, a rischio suo e degli atto­ri, impegnati in scene omoero­tiche di un realismo inedito. «Fino al 2001 l’omosessualità in Cina era considerata una malattia mentale — ricorda —. Ora va un po’ meglio, ma la strada per una vera libertà di affetti è lunga. Spero di es­sere l’ultimo regista bandito in Cina». Naturalmente il film non sarà distribuito in patria. «Non uscirà nelle sale ma sarà visto da tantissimi cinesi. La pirateria è da condannare, ma quando c’è la censura è il solo modo di far girare le opere».

E a proposito di dvd, una singolare metafora tra cinema e sesso la offre Hirokazu in Air Doll, storia «molto uma­na » di una bambola gonfiabi­le «life size», fidanzata ideale di un uomo di mezza età che in lei trova tutto quel che cer­ca: la compagna che ascolta e non parla mai, l’amante sem­pre disponibile, mai un mal di testa. «Nazomi, sei fantasti­ca », la loda. E se durante l’amore si sente il cigolio della gomma... pazienza. Ma nean­che con le bambole si sta tran­quilli. Una ventata di magia fa sì che un giorno Nazomi inizi a sbattere i suoi occhioni fissi e il resto. Sempre più donna, trova lavoro in un blockbuster e si innamora di un commes­so che le fa scoprire di avere un cuore. «I film si devono ve­dere al cinema, i dvd sono dei sostituti», bofonchia il pro­prietario del negozio. Proprio come la bambola lo è della donna vera. D’altra parte alla gonfiabile un merito va rico­nosciuto: appena si affloscia un po’, basta un colpo di pom­petta e oplà, si tira su tutta, pimpante e turgida più di pri­ma. Un miracolo che a noi, po­vere donne in carne e ossa, non capita mai.

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17/05/2009 02:05

Bellucci e Marceau dive da thriller: in sala fischi e risate

CANNES — Sarà capitato an­che a voi. Un giorno ci si guar­da allo specchio e si sobbalza: chi è quello là? Sono proprio io? Poi una seconda occhiata ci rassicura. Sì, magari la faccia è un po’ stropicciata, magari ur­ge una seduta dal parrucchiere, ma alla fine siamo sempre noi. Certo, capitasse di ritrovarci con un occhio per sorte, uno nero e uno chiaro, i capelli di altro colore, qualche ta­glia in più o in meno... Che spavento. Succede così a Jeanne, Sophie Marceau, che da bion­da e sottile qual era si scopre di botto bruna e formosa, il corpo con strane pro­tuberanze sotto pel­le come nella Mosca di Cronenberg, il vol­to deformato come in un quadro di Ba­con fino a trasfor­marsi in quello di un’altra. Nel caso Monica Bellucci. Non male, si dirà.

Già, ma sempre un’altra è. Attesissima e annunciata, la me­tamorfosi di Mar­ceau in Bellucci ie­ri ha avuto la sua epifania al Festival alla proiezione per la stampa di Ne te retour­ne pas di Marina De Van, psicohorror di grandi am­bizioni e modestissimi esiti. Risatone e risatine nei momenti che voleva­no essere i più dramma­tici, fischi e buu al fina­le. E se la colpa non è certo loro, Marceau e Bellucci ne fanno le spese. Per Monica è la seconda volta che riceve da queste parti una non piace­vole accoglienza. L’altra fu set­te anni fa, travolta dallo scan­dalo di Irreversible, dove il sa­dico Gaspar Noé si divertiva a farla bastonare violentare e am­mazzare per dar modo al mari­to, Vincent Cassel (una botta di realismo) di compiere la sua tremenda vendetta. Brutto ri­cordo. Per risarcirla, l’anno do­po il Festival la incoronò madri­na della cerimonia d’apertura. Ma poi, l’anno scorso, eccola di nuovo qui con Sanguepazzo di Giordana, di nuovo sotto tiro per aver indossato i panni di­scussi di Luisa Ferida.

Infine i fischi di ieri. Vedre­mo se la proiezione ufficiale, stanotte a mezzanotte, li confer­merà o li smentirà. In ogni ca­so, quello tra Monica e Cannes si può definire un rapporto di alti e bassi, conflittuale se si vuol usare un termine in sintonia con la vicenda de Ne te retourne pas, sog­getto della stessa De Van, evi­dentemente appassionata di corpi mutanti fin dai tempi di Dans ma peau, anche lì una donna che, dopo essersi ferita a una gamba, comincia a infieri­re su di sé in un crescendo auto­distruttivo.

Come quello che travolge la vita di Jeanne, bella casa, bel marito, bei figli. Giornalista con ambizioni letterarie, quan­do vede il suo manoscritto, do­ve tenta di ripercorrere un’in­fanzia rimossa dopo un inci­dente d’auto, bocciato senza pietà da un editore lungimiran­te, comincia a dare i numeri. La sera stessa accusa il marito di aver spostato il tavolo della cu­cina, poi il barattolo del miele, poi i libri... Ogni cosa non è più al suo posto, il consorte e i figli non sembrano più loro, e non solo in senso metaforico. Un ca­so da Oliver Sacks, solo che in­vece di scambiare la moglie con un cappello, lei scambia Teo con un altro (dai tratti affat­to disprezzabili di Andrea Di Stefano). E caccia un urlo. Neanche la madre la salva, anche lei trasformata in una ge­lida biscazziera.

Poi un’antica fotografia la il­lumina, la madre vera è un’al­tra. Dietro una data e un’indica­zione: Lecce. Jeanne molla tut­to e parte per la Puglia. E il film dal francese vira in italiano. Il contributo della Film Commis­sion locale svela le meraviglie barocche di Lecce, inquadra be­ne il nome dell’albergo in cui Marceau ormai belluccizzata scende, il ristorante dove ritro­va la sconosciuta forse sua ma­dre e un bel giovanotto che so­miglia tanto al marito ma che invece è suo fratello. Con cui, nonostante i bubboni che conti­nuano a spuntarle ovunque, ri­schia pure l’incesto se non fos­se che all’ultimo ci ripensa. E caccia un urlo.

Tira e molla della memoria, pomodorini e pane casereccio, immagini sacre sparse ovun­que, persino un’esorcistica dan­za della taranta... Una full im­mersion mediterranea al cui termine la donna che visse due volte si ricompone. Monica tor­na Sophie e Sophie torna a ca­sa. Che bello, ecco figli e mari­to, quelli giusti. Ma non fa in tempo ad abbracciarli che loro si buttano su un’altra. L’«altra», il «doppio», l’intrusa Bellucci. A Marceau non resta che rico­noscere di essere un fantasma che, come in The Others, non ri­cordava di essere morta. Come tale potrà convivere in fami­glia, e magari scrivere a quattro mani con colei che ne ha usur­pato l’identità il famoso roman­zo. Chissà che stavolta qualcu­no lo pubblichi.

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24/05/2009 21:18

Cannes, trionfa Haneke con "Il nastro bianco"

CANNES - Palma d'oro a Il nastro bianco del regista austriaco Michael Haneke. La giuria del sessantaduesimo Festival di Cannes, presieduta da Isabelle Huppert, ha assegnato il premio più importante all'agghiacciante film in bianco e nero che esplora le radici più intime del nazismo. Il Grand Prix è andato a Un profeta di Jacques Audiard, il premio speciale ad Alain Resnais, in concorso con Les Herbes Folles. Per la migliore regia, riconoscimento a Brillante Mendoza per Kinatay. Come migliore attore è stato premiato Christoph Waltz per Inglorious Basterds di Quentin Tarantino, come migliore attrice Charlotte Gainsbourg per Antichrist di Lars Von Trier. Ex aequo per il premio della giuria, a Fish Tank di Andrea Arnold e Thirst di Park Chan-Wook.

Niente da fare quindi per Vincere di Marco Bellocchio, unico italiano in concorso. "Mi dispiace che il film non abbia avuto nessun riconoscimento anche perché la reazione del pubblico e della stampa a livello nazionale e soprattutto internazionale è stata estremamente lusinghiera ed entusiastica, mai come per questo film - ha commentato il regista. Ora il film sta avendo una risposta molto positiva e sta suscitando un dibattito straordinariamente vivace e noi faremo tutto il possibile per sostenere il film in sala".

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