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23/04/2009 19:42 | |
Cannes 2009: Bellocchio in concorso
Il regista sarà unico italiano in gara
Marco Bellocchio, con il suo film "Vincere", è l'unico italiano in concorso al prossimo Festival di Cannes, che si terrà dal 13 al 24 maggio. "Vincere" ricostruisce l'amore segreto tra Benito Mussolini (Filippo Timi) e la giovane estetista Ida Dalser (Giovanna Mezzogiorno), che poi restò ricoverata in manicomio per anni, dove morì nel 1942. Bellocchio sfiderà, tra gli altri, Tarantino, Lee, Almodovar e Loach. In giuria anche Asia Argento.
Dopo l'exploit dell'anno scorso con "Gomorra" e "Il divo", quest'anno la presenza italiana in concorso si risolve quindi nel film che ha tra i protagonista Giovanna Mezzogiorno e Filippo Timi. La lista delle 20 pellicole che dal 13 al 24 maggio si contenderanno la Palma d'Oro 2009 è stata annunciata a Parigi ed è dominata dai grandi cineasti europei ed asiatici.
Poca Italia infatti ma anche pochi Stati Uniti, con Hollywood rappresentata solo dall'habitué Quentin Tarantino con "Inglorious bastards", film sulla Seconda guerra mondiale con Brad Pitt e Diane Kruger. Tra le altre pellicole "Looking for Eric" di Loach che ha per protagonista l'ex calciatore Eric Cantona, "L'Anticristo" del danese Lars von Trier, "Bright Star" della neozelandese Jane Campion e "Los abrazos rotos" di Almodovar.
Ad aprire la competizione ci sarà il film di Peter Docter, "Up". Chiuderà invece "Coco & Igor" di Jan Kounen.
tgcom |
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23/04/2009 19:43 | |
Ecco la lista dei 22 film in competizione per la Palma d'oro al 62° Festival di Cannes (13-24 Maggio 2009).
- Pedro Almodovar, "Los Abrazos Rotos".
- Andrea Arnold, "Fish Tank".
- Jacques Audiard, "Un Prophete".
- Marco Bellocchio, "Vincere".
- Jane Campion, "Bright Star".
- Isabel Coixet, "Map of The Sounds of Tokyo".
- Xavier Giannoli, "A L'Origine".
- Michael Haneke, "Das Weisse Band".
- Ang Lee, "Taking Woodstock".
- Ken Loach, "Looking for Eric".
- Lou Ye, "Chun feng chen zui de ye wan".
- Brillante Mendoza, "Kinatay".
- Gaspar Noe, "Enter the Void".
- Park Chan-Wook, "Bak-Jwi".
- Alain Resnais, "Les Herbes Folles".
- Elia Suleiman, "The Time that Remains".
- Quentin Tarantino, "Inglourious Basterds".
- Johnnie To, "Vengeance".
- Tsai Ming-liang, "Visage".
- Lars Von Trier, "Antichrist".
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23/04/2009 19:51 | |
Per chi fosse interessato a qualche notizia in piu' sulla storia del Festival di Cannes:
it.wikipedia.org/wiki/Festival_di_Cannes |
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13/05/2009 20:38 | |
Il 3D 'Up' apre la 62esima edizione. Commozione e applausi alla proiezione Cannes, 13 maggio 2009 - E' 'Up', il nuovo film Pixar-Disney, ad aprire la 62° edizione del Festival di Cannes. Alla prima proiezione, quella per la stampa, la 'pellicola' 3D ha suscitato commozione e riservato applausi. Un capolavoro dell'animazione, con un'immagine tridimensionale di qualità impensabile solo qualche anno fa.
Il film racconta la storia di Carl, un anziano vedovo che dopo una vita felice con la moglie Ellie conosciuta da bambino, si ritrova depresso a rimuginare sul passato mentre intorno alla sua vecchia casa piena di ricordi si costruiscono grattacieli. L’incontro con il boyscout obeso Russell lo porterà a trasformare in realtà il sogno di una vita: andare in Sud America con la sua casetta e vivere proprio in cima alle Paradise Falls. Il viaggio sarà chiaramente una grande avventura piena di incontri - il meraviglioso colorato uccello Kevin, il grande esploratore Charles Muntz diventato odioso, cani parlanti - alla fine della quale il burbero Carl sarà diventato il felice nonnetto adottivo di Russel.
IL FESTIVAL AL TEMPO DELLA CRISI
Meno ricevimenti, camere d’albergo in condivisione, e i paparazzi che fanno sconti. Tutto fa pensare che anche la 62esima edizione del Festival di Cannes tenti di contrastare come può gli effetti della crisi economica globale: eliminando strass e paillettes. Nonostante i grossi nomi che appaiono, come ogni anno, nel cartellone della kermesse che si apre oggi sulla Croisette, organizzatori e rappresentanti dell’industria cinematografica si dicono preoccupati per la recessione, che potrebbe togliere lustro al grande evento.
Al festival, che termina il 24 maggio, quando sarà annunciata la Palma d’oro, l’anno scorso si erano accreditati 4.300 giornalisti venuti da tutto il mondo. Ma non bisogna dimenticare che in questi 12 giorni si fanno soprattutto “affari”. E’ probabile che i rappresentanti del settore, il primo al mondo con i suoi 8mila produttori, siano particolarmente attenti al portafoglio quest’anno. Il bilancio del festival sfiora i 20 milioni di euro, la metà dei quali finanziati dallo Stato.
Tra le migliaia di persone che lavorano per le decine di aziende che sbarcheranno in questi giorni sulla Costa Azzurra, alcuni non hanno cambiato le loro abitudini. Canal+, principale partner del festival, ha confermato lo stesso budget dell’anno scorso, cioè 6 milioni di euro, e lo stesso staff, 500 persone. “Ma perchè tutti mi chiedono se abbiamo ridotto la nostra presenza?”, si chiede un responsabile dell’emittente sotto condizione di anonimato, intervistato dal sito di informazione Ru89. Di sicuro perchè qualcun altro l’ha fatto. La Paramount, per esempio, non è venuta. Sui fratelli Weinstein, produttori di Tarantino, girano voci di chiusura della società. E tutto questo mentre Hollywood si riprende lentamente dallo sciopero degli sceneggiatori.
quotidiano.net [Modificato da cuix 13/05/2009 20:57] |
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14/05/2009 13:26 | |
Cannes, sobrio e indigente: arriva il Festival della crisi
CANNES - Sobrio, parsimonioso, indigente, anche un po' mendicante; è il glorioso Festival di Cannes alla sua 62ª edizione, la prima della crisi economica mondiale, quindi ancora un po' stordita dall'impatto con la scivolosa recessione. Arrivano centinaia di film, nelle sezioni ufficiali e nel mercato, più di sempre carichi di debiti, ansiosamente a caccia di finanziatori spendaccioni e di generosi distributori: che però quest'anno non affollano gli alberghi di lusso e non intasano il porto di enormi barche.
Sarà anche contingentato il numero di divi che andranno su e giù sul famoso tappeto rosso, persino prodotti di bellezza, gioielli e moda, che negli anni scorsi moltiplicavano le cene sui loro yacht, quest'anno latitano; e i famosi addetti alle celebrities diminuiranno i loro compensi alle stesse, con obbligo di restituire subito la toilette e persino la pochette da scalinata. In controtendenza pare ci sia solo la Russia che ha raddoppiato il suo spazio al mercato, non ha nessun film in concorso ma due nella sezione Un certain regard e tenta di vendere anche filmoni storici su Gengis Khan e Taras Bulba, oltre alla commedia Hitler goes kaput. Non si esclude che per sostenere il rilancio internazionale del cinema russo arrivi addirittura il primo ministro Putin.
L'anno scorso c'erano in concorso due film italiani, Gomorra e Il divo, entrambi premiati al Festival; un tale successo aveva eccessivamente entusiasmato i cinepatrioti, tanto da far gridare alla rinascita del nostro cinema, che per il resto invece ha continuato a sonnecchiare. Questa volta il severo ma sapiente direttore del festival, Thierry Frémaux, certo consultando il presidente Gilles Jacobs, suo predecessore inflessibile e garbato per 30 anni, ha invitato un solo nostro film: storico e minaccioso il titolo, Vincere, tragica e vergognosa la storia, quella del figlio segreto di Mussolini, ammirevole e geniale il regista, Marco Bellocchio.
Certo pensando che in tempi di crisi è meglio andare sul sicuro, Frémaux ha rispolverato una serie di impeccabili maestri, alcuni canuti, già entrati nella storia del cinema e dello stesso festival, il che di solito suscita reverente anche se talvolta dubbiosa accoglienza. Oltre al settantenne Bellocchio, sono in concorso il francese Alain Resnais, 87 anni, e l'inglese Ken Loach, 72 anni, già vincitore di una Palme d'Or, come l'hanno già vinta Jane Campion, Lars von Trier e Quentin Tarantino, adesso in gara per vincerne una seconda.
Le storie, come le ha anticipate il mensile Ciak, vengono spesso da lontano, addirittura dall'antico Egitto, e chissà cosa penseranno le filosofe femministe del ritratto di Ipazia interpretato da Rachel Weisz nel film di Amenabar Agora. Il poeta John Keats, morto a Roma nel 1821, è il protagonista di Bright star di Jane Campion, i brillanti e colti anni 20 parigini sono rievocati da Jan Kounen in Coco Chanel e Igor Stravinsky, il 1969 con la rivolta gay e il più grande raduno rock del mondo sono raccontati da Ang Lee in Taking Woodstock, nella Francia occupata dai nazisti Brad Pitt coi baffi partecipa a un attentato contro Hitler in Inglourious basterds, che essendo diretto da Tarantino, s'immagina più bizzarro che storico.
Per i cultori dell'horror classico c'è Sam Raimi (Drag me to Hell) con zingara maledicente, per quelli dell'horror erotico c'è Thirst del sanguinario Park Chan-wook, con prete-vampiro, per quelli della pornostregoneria c'è il realistico Antichrist di Von Trier cui tocca l'indispensabile compito di montare un piccolo cinescandalo.
Bellezze al Festival, tante: Monica Bellucci e Laetitia Casta, Penelope Cruz e Anna Mouglalis, Sophie Marceau e Giovanna Mezzogiorno.
repubblica.it |
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17/05/2009 02:03 | |
Gli stilisti italiani vestono le star
CANNES -Belle e altezzose. Come si confà a delle attrici che calcano i red carpet. Ora è la volta di quello di Cannes che ha visto un’apoteosi di stilisti italiani vestire le star più gettonate del momento. Giorgio Armani la fa da padrone proprio alla serata della cerimonia d’inaugurazione della 62edisima edizione del Festival Internazionale del Cinema.
IL LOOK DELLA GIURIA - La famosa attrice francese Isabelle Huppert, Presidente della giuria del Festival, ha scelto di indossare un abito robe-manteau doppiopetto in organza di seta color champagne, con profonda scollatura a ‘V’, completamente ricamato con fiori e strass, di Giorgio Armani Privé. Asia Argento, membro della giuria, ha optato per un modello a pagoda, in seta a stampa floreale, con motivi ad intarsio. Ad impreziosire l’abito punti luce Swarovski e dettaglio-spilla sul corpino. Anche Elisabeth Banks ( abito da sera monospalla in organza jacquard tono su tono in seta color corallo con motivo a drappeggio su lato) e Eugenia Silva (abito con corpino impreziosito da fasce ed elementi ricamati con strass e cristalli e gonna lunga remborsé interamente ricamato con nastri di velluto e ricamo jais neri) erano firmate Armani.
TULLE E SWAROVSKI - Pure Roberto Cavalli s’è dato da fare: molte le celebrities vestite dallo stilista fiorentino. Da Shu Qi, membro delle giuria (abito strapless in mousseline cangiante francese, drappeggiato a mano sul seno, molto vaporoso e con coda) a Aishwarya Rai (abito in tulle di seta bianco con gonna a balze corpetto ricamato a mano con cristalli Swarovski e sandalo rosso carpet di Sergio Rossi) a Jaydy Michel (abito in jersey linea a sirena con ricamo di cristalli sotto il seno) a Caroline Gruosi-Scheufele (seta color champagne e drappeggi) fino a Devon Aoki che in occasione del cocktail party di Chopard «Belle de Nuit» ha indossato un vestito in mousseline di seta con torchon intorno al collo e arricciature nella coda.
DIVE SOTTO I RIFLETTORI - L’importante è essere come delle regine. E almeno per quei pochi minuti che trascorrono tra la discesa dall’auto fino all’entrata del grande teatro, è come se lo fossero davvero, accecate dai flash, immortalate dalle telecamere di tutto il mondo. Una passerella fondamentale, quindi, per tutti i couturier che riescono a farsi scegliere dalle dive, notoriamente capricciose, che hanno decine di mise a loro disposizione. Alberta Ferretti ha sempre fatto l’en plein, amata e vezzeggiata dalle attrici più note. Asia Argento ha voluto un abito firmato Ferretti (loungette rosa antico di crepe con profili e cintura in satin grigio) durante la conferenza stampa di presentazione della giuria mentre Alessia Piovan, sia alla serata inaugurale (monospalla color blu cobalto) che al party Chopard (chiffon e satin azzurro) si è affidata alle sapienti mani di Alberta.
SCARPE E GIOIELLI - Per il suo debutto come regista, Fanny Ardant ha scelto Dolce e Gabbana che le hanno preparato diversi capi e, come da copione, la scelta finale sarà dettata dal momento e dall’umore. Eva Longoria, Chiara Caselli e Eva Herzigova hanno a disposizione diverse proposte di Versace. Louis Vuitton ha vestito Isabelle Huppert ( blusa in seta bordeaux con bordo in maglia metallica oro ed una giacca in crepe di seta) alla cena all’hotel Martinez mentre Robin Wright Penn (membro della giuria) di Vuitton ha indossato gli orecchini in oro giallo a cerchio della collezione di gioielleria Monogram Gallea. Gli accessori non sono da meno. Roger Vivier, marchio sinonimo di regalità (ha disegnato le scarpe per l’incoronazione della regina Elisabetta) a Cannes è ai piedi di Tilda Swinton, Penelope Cruz, Diane Kruger, Angelina Jolie, Rachel Weisz, Valeria Solarino, Eva Herzigova, Afef.
corriere.it |
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17/05/2009 02:04 | |
Sangue, angosce e bugie:il sesso malato d’Oriente Il prete vampiro (e blasfemo), una bambola che prende vita e l’impossibilità di essere omosessuali nella Cina dei divieti
CANNES - Freud se la sarebbe data a gambe levate. Fosse capitato al Festival e visto i tre film «made in Far East» proiettati nelle ultime 24 ore, il povero Sigmund si sarebbe rituffato sul lettino o magari avrebbe preso un volo per l’Oriente. Dove il sesso, tema in declino nel nostro esausto Occidente, sembra aver trovato l’estrema frontiera. Forse, direbbe sempre il papà della psy, perché rimozioni private e repressioni pubbliche faranno anche i loro danni ma certo contribuiscono a tener desta l’attenzione sul problema, a ingigantirlo, a non farlo scordare neanche un attimo. Così, a furia di pensarci su ecco che da quelle parti, tra Cina, Corea e Giappone, sull’eros e le sue infinite declinazioni ne sanno davvero una più del diavolo. Salvo poi viverlo malissimo, con paure, angosce, sensi di colpa e smanie di castigo che neanche la santa Inquisizione e la regina Vittoria.
Sesso, sangue, bugie e dvd. Questi gli elementi cardine che attraversano i tre film in questione, Spring Fever del cinese Lou Ye, Air Doll del giapponese Kore-Eda Hirokazu, Thirst del coreano Park Chan-wook. Quest’ultimo, già autore di Oldboy e Lady Vendetta, ama Bach e quindi le variazioni infinite. Avendone esaurite buona parte nei precedenti capitoli, ora si spinge su un fronte inedito: il porno vampirismo ecclesiale. Che Dracula fosse assetato di sangue, meglio se di vergine, ce lo avevano già raccontato Mel Brooks, Coppola, Herzog. Ma che indossasse la tonaca e recitasse giaculatorie, questa ancora non s’era vista. Pronto a farsi martire per la fede, padre Sang-Yyun (un nome un destino) si fa cavia umana per testare un vaccino contro un virus che prima di ucciderti ti riempie di pustole. Muore e risorge, esce bendato come Lazzaro e comincia a fare miracoli. Ma seguendo alla lettera il «prendete e bevete questo è il mio sangue» si accorge che non può più farne a meno. E gli prende una tremenda smania di sesso che invano cerca di reprimere prendendo a randellate col flauto le incontrollabili erezioni. La donna che gli causa tali subbugli non è da meno. Si infligge forbiciate tra le gambe diventando così irresistibile oggetto di desiderio per il succhiasangue cattolico. «Adoro i film di vampiri e volevo inventarne uno tutto mio — dice Park Chan-wook —. Senza canini sporgenti, senza aglio e castelli gotici. Un vampiro a fin di bene, che per cercare la santità finisce nei gorghi del male».
In altri gorghi di sentimenti crudeli e segreti convivi, ci conduce Lou Ye in Spring Fever, dove la scoperta di un tradimento anomalo, l’amante del marito è un uomo, innesca un vortice di amori tragici e proibiti. Come proibito è il regista, bersagliato da sempre dalla censura cinese che, per aver portato a Cannes Summer Palace, sui fatti di Tienammen, gli ha proibito di fare film per cinque anni. Ma lui, sfidando le autorità di Pechino, ha girato questo in clandestinità, a rischio suo e degli attori, impegnati in scene omoerotiche di un realismo inedito. «Fino al 2001 l’omosessualità in Cina era considerata una malattia mentale — ricorda —. Ora va un po’ meglio, ma la strada per una vera libertà di affetti è lunga. Spero di essere l’ultimo regista bandito in Cina». Naturalmente il film non sarà distribuito in patria. «Non uscirà nelle sale ma sarà visto da tantissimi cinesi. La pirateria è da condannare, ma quando c’è la censura è il solo modo di far girare le opere».
E a proposito di dvd, una singolare metafora tra cinema e sesso la offre Hirokazu in Air Doll, storia «molto umana » di una bambola gonfiabile «life size», fidanzata ideale di un uomo di mezza età che in lei trova tutto quel che cerca: la compagna che ascolta e non parla mai, l’amante sempre disponibile, mai un mal di testa. «Nazomi, sei fantastica », la loda. E se durante l’amore si sente il cigolio della gomma... pazienza. Ma neanche con le bambole si sta tranquilli. Una ventata di magia fa sì che un giorno Nazomi inizi a sbattere i suoi occhioni fissi e il resto. Sempre più donna, trova lavoro in un blockbuster e si innamora di un commesso che le fa scoprire di avere un cuore. «I film si devono vedere al cinema, i dvd sono dei sostituti», bofonchia il proprietario del negozio. Proprio come la bambola lo è della donna vera. D’altra parte alla gonfiabile un merito va riconosciuto: appena si affloscia un po’, basta un colpo di pompetta e oplà, si tira su tutta, pimpante e turgida più di prima. Un miracolo che a noi, povere donne in carne e ossa, non capita mai.
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17/05/2009 02:05 | |
Bellucci e Marceau dive da thriller: in sala fischi e risate
CANNES — Sarà capitato anche a voi. Un giorno ci si guarda allo specchio e si sobbalza: chi è quello là? Sono proprio io? Poi una seconda occhiata ci rassicura. Sì, magari la faccia è un po’ stropicciata, magari urge una seduta dal parrucchiere, ma alla fine siamo sempre noi. Certo, capitasse di ritrovarci con un occhio per sorte, uno nero e uno chiaro, i capelli di altro colore, qualche taglia in più o in meno... Che spavento. Succede così a Jeanne, Sophie Marceau, che da bionda e sottile qual era si scopre di botto bruna e formosa, il corpo con strane protuberanze sotto pelle come nella Mosca di Cronenberg, il volto deformato come in un quadro di Bacon fino a trasformarsi in quello di un’altra. Nel caso Monica Bellucci. Non male, si dirà.
Già, ma sempre un’altra è. Attesissima e annunciata, la metamorfosi di Marceau in Bellucci ieri ha avuto la sua epifania al Festival alla proiezione per la stampa di Ne te retourne pas di Marina De Van, psicohorror di grandi ambizioni e modestissimi esiti. Risatone e risatine nei momenti che volevano essere i più drammatici, fischi e buu al finale. E se la colpa non è certo loro, Marceau e Bellucci ne fanno le spese. Per Monica è la seconda volta che riceve da queste parti una non piacevole accoglienza. L’altra fu sette anni fa, travolta dallo scandalo di Irreversible, dove il sadico Gaspar Noé si divertiva a farla bastonare violentare e ammazzare per dar modo al marito, Vincent Cassel (una botta di realismo) di compiere la sua tremenda vendetta. Brutto ricordo. Per risarcirla, l’anno dopo il Festival la incoronò madrina della cerimonia d’apertura. Ma poi, l’anno scorso, eccola di nuovo qui con Sanguepazzo di Giordana, di nuovo sotto tiro per aver indossato i panni discussi di Luisa Ferida.
Infine i fischi di ieri. Vedremo se la proiezione ufficiale, stanotte a mezzanotte, li confermerà o li smentirà. In ogni caso, quello tra Monica e Cannes si può definire un rapporto di alti e bassi, conflittuale se si vuol usare un termine in sintonia con la vicenda de Ne te retourne pas, soggetto della stessa De Van, evidentemente appassionata di corpi mutanti fin dai tempi di Dans ma peau, anche lì una donna che, dopo essersi ferita a una gamba, comincia a infierire su di sé in un crescendo autodistruttivo.
Come quello che travolge la vita di Jeanne, bella casa, bel marito, bei figli. Giornalista con ambizioni letterarie, quando vede il suo manoscritto, dove tenta di ripercorrere un’infanzia rimossa dopo un incidente d’auto, bocciato senza pietà da un editore lungimirante, comincia a dare i numeri. La sera stessa accusa il marito di aver spostato il tavolo della cucina, poi il barattolo del miele, poi i libri... Ogni cosa non è più al suo posto, il consorte e i figli non sembrano più loro, e non solo in senso metaforico. Un caso da Oliver Sacks, solo che invece di scambiare la moglie con un cappello, lei scambia Teo con un altro (dai tratti affatto disprezzabili di Andrea Di Stefano). E caccia un urlo. Neanche la madre la salva, anche lei trasformata in una gelida biscazziera.
Poi un’antica fotografia la illumina, la madre vera è un’altra. Dietro una data e un’indicazione: Lecce. Jeanne molla tutto e parte per la Puglia. E il film dal francese vira in italiano. Il contributo della Film Commission locale svela le meraviglie barocche di Lecce, inquadra bene il nome dell’albergo in cui Marceau ormai belluccizzata scende, il ristorante dove ritrova la sconosciuta forse sua madre e un bel giovanotto che somiglia tanto al marito ma che invece è suo fratello. Con cui, nonostante i bubboni che continuano a spuntarle ovunque, rischia pure l’incesto se non fosse che all’ultimo ci ripensa. E caccia un urlo.
Tira e molla della memoria, pomodorini e pane casereccio, immagini sacre sparse ovunque, persino un’esorcistica danza della taranta... Una full immersion mediterranea al cui termine la donna che visse due volte si ricompone. Monica torna Sophie e Sophie torna a casa. Che bello, ecco figli e marito, quelli giusti. Ma non fa in tempo ad abbracciarli che loro si buttano su un’altra. L’«altra», il «doppio», l’intrusa Bellucci. A Marceau non resta che riconoscere di essere un fantasma che, come in The Others, non ricordava di essere morta. Come tale potrà convivere in famiglia, e magari scrivere a quattro mani con colei che ne ha usurpato l’identità il famoso romanzo. Chissà che stavolta qualcuno lo pubblichi.
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24/05/2009 21:18 | |
Cannes, trionfa Haneke con "Il nastro bianco"
CANNES - Palma d'oro a Il nastro bianco del regista austriaco Michael Haneke. La giuria del sessantaduesimo Festival di Cannes, presieduta da Isabelle Huppert, ha assegnato il premio più importante all'agghiacciante film in bianco e nero che esplora le radici più intime del nazismo. Il Grand Prix è andato a Un profeta di Jacques Audiard, il premio speciale ad Alain Resnais, in concorso con Les Herbes Folles. Per la migliore regia, riconoscimento a Brillante Mendoza per Kinatay. Come migliore attore è stato premiato Christoph Waltz per Inglorious Basterds di Quentin Tarantino, come migliore attrice Charlotte Gainsbourg per Antichrist di Lars Von Trier. Ex aequo per il premio della giuria, a Fish Tank di Andrea Arnold e Thirst di Park Chan-Wook.
Niente da fare quindi per Vincere di Marco Bellocchio, unico italiano in concorso. "Mi dispiace che il film non abbia avuto nessun riconoscimento anche perché la reazione del pubblico e della stampa a livello nazionale e soprattutto internazionale è stata estremamente lusinghiera ed entusiastica, mai come per questo film - ha commentato il regista. Ora il film sta avendo una risposta molto positiva e sta suscitando un dibattito straordinariamente vivace e noi faremo tutto il possibile per sostenere il film in sala".
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