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Disperso aereo in volo da Rio a Parigi

Ultimo Aggiornamento: 10/06/2009 12:28
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02/06/2009 00:17



PARIGI - Tragedia aerea nell'Oceano Atlantico. Un Airbus di Air France con a bordo 216 passeggeri e 12 membri dell'equipaggio, in volo da Rio de Janeiro a Parigi, è scomparso dagli schermi radar la scorsa notte, sull'Atlantico, dopo circa tre ore di volo. "Siamo senza dubbio di fronte a una catastrofe - ha detto l'amministratore delegato della compagnia, Pierre-Henry Gourgeon - siamo vicini alle famiglie, di cui condividiamo il dolore". E tra le persone a bordo c'erano almeno dieci italiani, secondo quanto rivelato dal capo dell'unità di crisi della Farnesina, Fabrizio Romano.

Gli italiani. Di tre dei nostri concittadini si conosce l'identità. Sono tutti trentini, ed erano in viaggio con l'associazione Trentini del mondo: Rino Zandonai, direttore dell'associazione; il consigliere regionale Giambattista Lenzi (Upt); Gianni Zortea, sindaco di Canal S.Bovo. A bordo c'era anche Claudia Degli Esposti, dipendente della Regione Emilia Romagna che era andata in Brasile per un progetto di collaborazione in occasione di una fiera del settore tessile nel Paranà.

La dinamica. Secondo la ricostruzione ufficiale, il comandante - a metà strada tra le coste brasiliane e quelle africane - ha comunicato di aver attraversato una "zona burrascosa con forti turbolenze" alle 4 del mattino (ora italiana) e alle 4.14 è stato ricevuto il suo ultimo messaggio automatico, che "indicava un'avaria elettrica". Il direttore della comunicazione di Air France, Francois Brousse, ha dichiarato in un primo momento che l'ipotesi più probabile è che l'apparecchio "è stato colpito da un fulmine". Poi la compagnia ha precisato che si è trattato "certamente di un guasto". Ma la realtà e che le cause per adesso restano misteriose. Come ha confermato l'amministratore delegato: "L'aereo probabilmente è precipitato nell'Atlantico. E ancora non è possibile stabilire se le condizioni meteorologiche hanno contribuito all'incidente".

Il volo. L'aereo era decollato da Rio de Janeiro alle 19 di ieri sera (ora brasiliana, mezzanotte ora italiana) e avrebbe dovuto atterrare al Charles de Gaulle alle 11.10 di questa mattina. La compagnia francese ha precisato che sul volo Af 447 risultano complessivamente 228 persone: 216 passeggeri e 12 membri dell'equipaggio. Tra i passeggeri 26 uomini, 82 donne, 7 bambini e un neonato. Tra le nazionalità, in prevalenza brasiliani (80 persone) e francesi (73).

La caratteristiche tecniche. Il direttore generale di Air france ha sottolineato che il comandante di bordo aveva "grande esperienza con 11mila ore di volo" all'attivo. L'ultimo controllo tecnico del velivolo non aveva rivelato "alcun problema" ha concluso gourgeon. In un comunicato, la compagnia ha precisato che il pilota aveva già effettuato 1.700 ore su Airbus A330/A340. L'aereo ha totalizzato 18.870 ore di volo ed, era in servizio dal 18 aprile 2005. L'ultimo controllo di revisione risale allo scorso 16 aprile.

Le autorità francesi. Il presidente Nicolas Sarkozy appena è stato informato ha "chiesto al governo e alle amministrazioni coinvolte di fare tutto il possibile per ritrovare la traccia dell'aereo e fare al più presto luce sulle circostanze della scomparsa". Nel pomeriggio, poi, il capo dello Stato si è recato all'aeroporto di Parigi: "Le prospettive di ritrovare qualche sopravvissuto sono estremamente deboli - ha detto - non "non c'è alcun elemento preciso su ciò che può essere successo". Intanto, la Francia ha chiesto al Pentagono l'assistenza dei satelliti militari di osservazione e di ascolto statunitensi per cercare di localizzare l'airbus scomparso.

Il cordoglio di Napolitano. "La notizia del tragico incidente, con un pesantissimo costo di vite umane, tra cui quelle di alcuni italiani, mi ha profondamente colpito". Lo scrive il presidente della Repubblica in un messaggio inviato a Sarkozy: "In questo momento così triste... desidero esprimerle a nome mio personale e di tutto il popolo italiano l'espressione del più sentito cordoglio".

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02/06/2009 00:17

Sull'Atlantico, senza poter dare allarmi


ROMA - Carta aeronautica alla mano, l'A330 dell'Air France con 216 persone a bordo, atteso alle 11.10 allo Charles De Gaule, potrebbe essere precipitato grosso modo a un migliaio di chilometri al largo delle coste brasiliane, mentre stava attraversando un fronte intertropicale molto intenso, ma che - almeno al momento - non può essere considerato da solo la causa principale di quanto è accaduto. E' questo, in sintesi, il risultato di una prima analisi effettuata da Pietro Pallini, pilota di voli intercontinentali e collaboratore di Repubblica, su quello che appare come un disastro in pieno Atlantico di proporzioni gravissime.

"Le rotte possibili da Rio de Janeiro verso il nord Europa sono cinque o sei - spiega Pallini - Diciamo che quando si punta verso Parigi i valori di prua sono tra i più settentrionali, leggermente virati verso Est. In pieno oceano Atlantico non esiste copertura radar, grosso modo da quando si lascia la costa brasiliana, più o meno all'altezza di Recife o Fortaleza, il tratto di oceano da attraversare, prima di raggiungere le coste di Capo Verde è lungo circa 1.800 chilometri". "Durante questo intervallo - aggiunge - le comunicazioni radio avvengono solo in HF, onde medie, spesso suscettibili di interferenze e comunque complicate da possibili condizioni meteo avverse".

Un'ipotesi, dunque, potrebbe essere quella che il comandante dell'A330, pur essendosi reso conto di una qualsiasi difficoltà, indotta da condizioni meteo o di tipo tecnico, non ha avuto modo di segnalare nulla o dare allarmi. Tra l'altro, nel punto dove si presume possa essere avvenuto l'incidente, il fronte intertropicale potrebbe aver reso particolarmente difficoltose le comunicazioni radio, già tutt'altro che semplici quando si attraversa l'oceano. "Dalle carte meteo però il fronte non sembra di quelli proibitivi. Tuttavia, solo i piloti del volo Air France possono essersi resi conto delle difficoltà che si sono trovati di fronte".

Il volo da Rio de Janeiro a Parigi percorre una delle cinque o sei possibili "autostrade" dell'aria che portano verso Nord e l'Europa e che incrociano diversi centri di assistenza al volo lungo la rotta. Lasciata la metropoli brasiliana, i piloti si mettono in contatto con il centro di Recife, per poi entrare sotto la giurisdizione del centro di controllo Atlantico (che si trova sempre in Brasile) per poi entrare sotto la copertura di Dakar, quindi dell'isola del Sale (Capo Verde), poi del centro delle Canarie, quindi di Casablanca, in Marocco, per entrare infine sotto il controllo dei centri europei spagnoli e francesi.

Quello dell'attraversamento degli oceani senza copertura radar è il problema di tutti i naviganti dell'aria e, nel suo essere irrisolvibile per l'oggettiva necessità legata al fatto che i radar devono comunque essere piantati a terra, rappresenta uno storico tallone d'Achille dell'aviazione commerciale. Questo tuttavia non vuol dire che le migliaia di aerei ogni giorno in volo sugli oceani siano lasciati a se stessi e che il loro destino venga affidato alla sorte. E' sicuro però che nel tracciare i piani di volo, ogni comandante in procinto di attraversare l'Atlantico, il Pacifico o l'Indiano cerca sempre e comunque di sorvolare spazi d'acqua il più possibile brevi.

La copertura radar deve essere immaginata come una sorta di grosso cilindro dentro il quale si è visti e riconosciuti, quando ci si sta dentro. Quando invece ci si trova fuori, è necessario utilizzare altri strumenti per essere identificati da terra. Ecco allora che, non appena si abbandona la copertura radar - come è avvenuto all'A330 dell'Air France, uscito dai centri di controllo brasiliani - si entra in corridoi riservati dove comincia una forma di controllo strumentale (O. T. S. Organized track system). Sono dei sentieri, non sempre gli stessi, scelti in base ai cosiddetti venti geostrofici, che non hanno a che fare con la meteorologia, ma con la rotazione terrestre. Lungo questo sentiero, senza copertura radar, il compito dei piloti è quello di comunicare ("riportare") la propria posizione via radio, rilevata dal Gps di bordo, a intervalli più o meno regolare. Sulle carte aeronautiche i punti di "riporto" sono segnati con dei triangolini: quelli colorati di nero indicano l'obbligo dei piloti di segnalare la posizione, quelli chiari, lasciano la facoltà al comandante di segnalare il punto nel quale l'aereo si trova.

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03/06/2009 18:20

Aereo disperso, individuati i rottami "Non c'è ottimismo per le scatole nere"
PARIGI - Non ci sono più dubbi: i resti trovati nell'Oceano Atlantico sono dell'Airbus A330 di Air France scomparso dai radar lunedì con 228 passeggeri a bordo. Lo comunica a Parigi lo Stato maggiore delle forze armate francesi sottolineando che "non c'è più spazio per dubbi" sull'origine dei rottami localizzati in mare, anche se è ancora necessaria una "conferma formale". In una conferenza stampa il Bea, l'Ufficio delle indagini e delle analisi per la sicurezza civile, avverte che non c'è "ottimismo totale" sulla possibilità di ritrovare le scatole nere dell'Airbus.

L'inchiesta affidata al governo francese. Oggi a Parigi Paul-Louis Arslanian, il capo del Bea, ha confermato che è stata ufficialmente aperta un'inchiesta, affidata alle autorità francesi, per stabilire le cause del disastro. Arslanian ha precisato che l'aereo "non aveva problemi prima della partenza" da Rio alla volta di Parigi. "L'incidente - ha aggiunto - è avvenuto nel mezzo dell'Atlantico, l'inchiesta non sarà facile, sarà lunga ma noi cercheremo di fare tutto il possibile con i mezzi a nostra disposizione".

Le scatole nere. Il capo della sicurezza aerea francese ha sottolineato le difficoltà nel recuperare la scatola nera, fondamentale per capire cosa sia successo. Arslanian ha però spiegato di non essere di un "ottimismo totale" circa il recupero, visto che i dispositivi si trovano probabilmente in un luogo "profondo e montagnoso" nell'Oceano Atlantico. Le scatole nere, comunque, "non sono il solo strumento" di indagine. Il capo del Bea ha sottolineato "di aver già lavorato senza". Si tratta comunque, ha ammesso, di "uno strumento prezioso per l'indagine". Se fossero ritrovate e se fossero ancora in buono stato, secondo Arslanian, permetterebbero di "avere molte più informazioni" e di "andare più lontano" nell'indagine.

L'indagine. Arslanian ha spiegato che non è ancora emerso con chiarezza se ai comandi dell'Airbus ci fosse il primo pilota e ha aggiunto che al momento "non abbiamo neanche ancora l'ora esatta dell'incidente". Sul volo AF447 c'erano tre piloti, tutti di grande esperienza, e il comandante aveva alle spalle 11mila miglia di volo. Il capo della Bea ha assicurato che l'inchiesta sarà improntata comunque alla massima "trasparenza" e ha aggiunto che sono state istituite quattro squadre di lavoro: la prima incaricata dell'operazioni di ricerca del relitto e scatole nere, le altre di raccogliere e analizzare elementi e informazioni sull'aereo precipitato, per individuare eventuali malfunzionamenti originari.

La collaborazione di Airbus. Airbus ha intanto annunciato che offrirà la sua "completa assistenza tecnica" agli investigatori del Bea. L'aiuto dell'azienda è una procedura abituale prevista dal capitolo 13 della convenzione dell'Organizzazione dell'aviazione civile internazionale (Oaci) riguardante "le inchieste e gli incidenti dell'aviazione".

Le ricerche con un minisottomarino. Per cercare le scatole nere sarà impegato anche il Nautile, il minisottomarino francese che per primo raggiunse il relitto del Titanic. Lo ha annunciato alla Bbc Brasil un portavoce delle Forze armate francesi, secondo il quale la nave che lo trasporta, La Pourquoi Pas, arriverà nella zona del disastro entro otto giorni. Le scatole nere degli Airbus, che le autorità francesi hanno indicato come priorità massima nelle ricerche, emettono segnali sonar durante trenta giorni dopo un incidente. Il Nautile, varato nel 1984, è in grado di operare fino a profondità di seimila metri, mentre nella zona dove potrebbe trovarsi il relitto dell'Airbus le profondità variano tra due e tremila metri. Il Nautile è equipaggiato con sonar laterale e due braccia mobili in grado di prelevare oggetti anche piccoli a grande profondità, ma non sarebbe probabilmente in grado di estrarre le scatole nere se fossero ancora dentro al relitto dell'aereo. Ma prima si dovrà trovare il posto esatto dov'è affondato l'Airbus.

La zona del disastro. Un pattugliatore marittimo francese Atlantique 2 ha sorvolato nelle ultime ore la zona dove l'aviazione brasiliana ha scoperto ieri i resti dell'aereo, a un migliaio di chilometri dalle coste del Brasile e a duemila da quelle senegalesi. Altri voli militari francesi sono previsti per oggi sulla zona, tra cui quello di un aereo-radar che effettuerà una "cartografia" dei resti per tentare di determinare il luogo dell'incidente e quindi permettere il recupero della scatola nera. La cartografia verrà completata da un Falcon 50 che decollerà da Natal, in Brasile, e da un altro volo dell'Atlantique 2.

La scia di detriti. I sommozzatori brasiliani sono stati i primi ad arrivare e a percorrere la scia di detriti lasciata dall'Airbus. Maltempo e mare grosso ostacolano però la raccolta di qualunque oggetto possa essere utile a capire cosa sia successo al volo AF447 sparito dai radar mentre nella zona infuriava una tempesta. Quattro navi della marina brasiliana equipaggiate con strumentazioni per il recupero e una nave cisterna pattugliano un braccio di mare lungo cinque chilometri disseminato di sedili, cavi, frammenti metallici e macchie di kerosene 1.200 chilometri a nordest di Recife. Tutto quello che verrà trovato sarà poi trasferito alla base brasiliana nell'arcipelago di Fernando de Noronha.

Il mistero sulle cause. Resta ancora fitto il mistero sulle cause del disastro: la tempesta può aver innescato una serie di avarie, ma per capire qualcosa di più gli esperti esamineranno due aerei della Lufthansa che alla stessa ora del disastro incrociavano nella zona attraversata dal volo AF447.

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05/06/2009 08:09

Disastro A-330, è ancora giallo
"Nessun rottame è stato ritrovato"


RIO DE JANEIRO - I materiali raccolti nelle acque dell'Atlantico dalla Marina brasiliana non appartengono all'Airbus 330 dell'Air France, scomparso mentre era in volo da Rio a Parigi. E dunque rimane il mistero sulle cause del disastro costato la vita a 228 persone.

"Al momento, non è stato recuperato alcun materiale dell'aereo", ha detto il direttore del controllo del traffico aereo brasiliano. Gli oggetti, tra cui due boe di salvataggio appartenevano probabilmente a una nave.

Un elicottero Lynx della Marina brasiliana aveva raccolto in mare anche un supporto per carichi di 2,5 metri quadrati, ma l'oggetto era fatto di legno e non di alluminio come quelli utilizzati sugli aerei.

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10/06/2009 12:28

Due corpi e uno zaino. I misteri del volo 447
(di GABRIELE ROMAGNOLI, repubbica.it)



HANNO trovato due corpi, un sedile azzurro, una valigia di cuoio, uno zaino contenente i biglietti con partenza Rio e destinazione Ignoto, ma non ancora una spiegazione. Che cosa è successo al volo AF 447? Che cosa ci insegna il suo tragitto dalla città brasiliana al nulla? Per rispondere proviamo a ripercorrerlo.

L'aereo lascia la pista in condizioni apparentemente normali. Trasporta il consueto carico di vite umane, compresi gli inevitabili passeggeri che non avrebbero dovuto esserci e invece ci sono, al posto di altri che hanno perduto l'aereo e conservato la vita per uno scarto di quel concetto esposto sui tabelloni degli aeroporti sudamericani, laddove alla voce destinazione compare "destino". Niente fa ritenere che sarà un viaggio tempestoso: come si verificherà poi, le condizioni meteorologiche sulla rotta non saranno fuori dalla norma. Le hostess si affannano a eseguire la danza rituale delle istruzioni in caso di incidente. In centinaia di voli effettuati non le ho mai ascoltate una volta. Una voce dentro di me diceva: "Un giorno rimpiangerai questa distrazione".

Ora so per certo che non sarà così: che tutta quella pantomima di giubbotti da gonfiare e maschere da indossare è solo una recita per far credere che esista una seconda possibilità, che chi cade possa risorgere. AF 447 cancella le illusioni. Sul fiume Hudson puoi posarti, sull'oceano solo schiantarti. È una legge: più sali e più ti fai male cadendo. Il giubbotto salvagente è un cerotto mentale, che tuttavia i passeggeri si applicano al decollo. Superato quello, tirano un sospiro di sollievo.

AF 447 abbatte un altro luogo comune: che decollo e atterraggio siano i veri momenti problematici. In mezzo, nulla o quasi può accadere. Salvo che, scopriamo, può accadere tutto. Due giorni fa un noto regista che aveva appena imparato a dominare la paura del volo mi diceva preoccupato: "Credevo di avere il quadro completo delle iatture, guardavo perfino fuori dal finestrino per assicurarmi che non ci fossero papere impazzite che s'infilavano nei motori. Poi mi rasserenavo. Qui son venute fuori altre decine di possibili problemi che non conoscevo".

Finito questo articolo andrò a cena da un cuoco in partenza per New York: ha voluto salutare tutti gli amici in caso di disgrazia. AF 447 ha aumentato in modo esponenziale il timore di quel che può accadere in volo. Attenzione: di quel che può accadere, non di quel che accadrà. L'aereo rimane più sicuro di altri mezzi di trasporto, è noto, ma quel che ci spaventa è l'ignoto e quel volo ne ha aperto la porta. È lì che è andato a finire?

Come? Che cosa è successo sopra l'oceano? Non lo sappiamo e forse non lo sapremo mai. Quel che sappiamo ora è un sacco di cose che non sapevamo prima. Un elenco di possibili cause fatali. Un fulmine? Può bastare un fulmine a far esplodere una fusoliera? Dio o chi per lui gioca ai videogame? Si può precipitare per eccesso di velocità? O per velocità eccessivamente ridotta? Dobbiamo preoccuparci per la presenza di "cumulonembi particolarmente potenti, benché in fase decrescente"? Il pilota automatico può entrare in sciopero come un qualsiasi comandante affiliato a una delle sigle che non hanno firmato l'accordo Cai? Le scatole nere (l'ultimo feticcio che ci era rimasto sulla strada sbarrata che porta a una qualunque verità) possono staccarsi come ventose male attaccate al parabrezza? Con tutti i controlli di sicurezza negli aeroporti, le scarpe e le cinture nell'apposita vaschetta, i personal computer estratti dalla sacca e separatamente passati ai raggi X, è ancora ipotizzabile una bomba a bordo? Da parte di chi? Non necessariamente barbudos col corano? Anche indipendentisti corsi in vacanza di fine stagione a Ipanema?

Ma soprattutto sappiamo che le presunte autorità non sono affatto autorevoli. Che davanti al disastro additano il primo colpevole. Se non regge, avanti un altro. Al limite, avanti tutti: 24 anomalie segnalate in 5 minuti, tutte possibili. Possibili? AF 447 era un aereo o un discorso di George W. Bush? Si cerca di sdrammatizzare per limitare la fatica di camminare perennemente sul filo dello sdegno. Quando affondò il traghetto Moby Prince l'allora ministro della Marina mercantile Carlo Vizzini si presentò a Livorno e disse che era stata colpa della nebbia e che i soccorsi erano arrivati subito. Poi si scoprì che il cielo era terso e un sopravvissuto aveva atteso quasi un'ora sul ponte in fiamme. Ma quello era un ministro del psdi, un accidente della storia di cui conserviamo più onta che memoria.

Qui vediamo arrivare distinti esperti aeronautici, dirigenti della compagnia aerea che ha un piede e presto due in quella italiana e che la latitanza di Fiumicino e Malpensa ci costringe a prendere per tre voli intercontinantali su quattro. Come dei Vizzini qualsiasi li sentiamo dire: "Pioveva", "Anzi no", "Escludiamo la bomba", "Ma non del tutto". E dov'è finito, al netto di due corpi, un sedile e due bagagli, AF 447? Che cosa lo ha fatto sparire dai radar e dalla logica? Fino al ritrovamento di ieri sera abbiamo sperato. In che cosa? In quel che si ammette quando tutte le argomentazioni ammissibili sono cadute, la scienza fa l'occhiolino a una forma laica di fede e noi cerchiamo, riuscendoci, di sentirci meno soli.

Terminato di scrivere l'equazione che sta alla base della teoria della relatività Einstein depose la penna e sorrise. Non aggiunse altro, ma aveva aperto una porta. Oltre la soglia c'era il multiverso, l'insieme di universi paralleli a quello nel quale ci troviamo, potenzialmente infiniti, talora interagenti. Quella soglia è stata spesso varcata: da Alice attraversando uno specchio, dai ragazzini della saga di Narnja entrando in un armadio, dai personaggi di Borges, dalla frustrazione del Candido di Voltaire ("Se questo è il migliore dei mondi possibili, allora dove sono gli altri?").

Nel curioso film "Donnie Darko" il viaggio nel multiverso comincia con la caduta di parti di aereo su una casa nel cuore dell'America. Scartate le 24 anomalie simultanee, la "nebbia di Vizzini", i terroristi corsi, il "potente cumulonembo" e volendosi dare una spiegazione consolatoria, questa, sentite le altre, era diventata non meno plausibile. Perché no? Si è aperta una finestra spazio-temporale e AF 447 ci si è infilato dentro. Se gli universi paralleli sono infiniti c'è questo in cui l'Airbus scompare nel nulla, ce n'è uno per ogni anomalia e ce n'è uno dove continua a volare, il comandante è saldo alla cloche, il pilota automatico squittisce segnalando a regolari intervalli la sua efficienza, il cielo è limpido, le hostess distribuiscono bevande e rassicurazioni: "In caso di turbolenza, allacciate le cinture e slacciate la logica. Andrà tutto bene, abbiamo infinite possibilità".

Ma quei ritrovamenti a 900 chilometri dall'arcipelago Fernando de Noronha ci costringono a un altro brusco atterraggio. O i corpi ritrovati appartengono agli unici due passeggeri scettici a bordo, per i quali la finestra si è chiusa, o siamo tutti condannati a restare in questo universo, unico e largamente imperfetto, dove qualsiasi cosa può accadere senza che nessuno ce ne dia conto, i governanti mentono sapendo di farlo, gli esperti sparano nel mucchio delle evenienze sperando di azzeccare quella giusta, le scatole della verità sono vuote e chiunque ci dica che esiste una via d'uscita è solo una signorina soave, ma soprattutto pagata per farlo.
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