Barack Obama trionfa, è il 44mo presidente degli Stati Uniti d'America

Ultimo Aggiornamento: 06/04/2010 22:40
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20/03/2009 17:25

Obama, messaggio all'Iran:«Superiamo trent'anni di conflitti»
WASHINGTON - «Superiamo trent'anni di conflitti». È quanto ha offerto all'Iran il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, in un videomessaggio diretto ai dirigenti iraniani in occasione di Nowruz, il capodanno del calendario iraniano. Positive le prime reazioni di Teheran, con l'invito però agli Usa di «riconoscere i propri errori e di ripararli».

NOWRUZ - «Vorrei parlare direttamente al popolo e ai dirigenti della repubblica islamica di Iran», ha detto il capo della Casa Bianca rompendo il tradizionale messaggio di nowruz che il presidente Usa indirizzava solo al popolo persiano e, quindi, riconoscendo implicitamente il regime degli ayatollah con il quale non ha relazioni diplomatiche dal 1980. Obama ha parlato della necessità di un «avvenire in cui gli antichi dissensi sono superati. Con il nuovo anno ci sia davvero un nuovo inizio».

SCELTA - Nel video sottotitolato in lingua farsi, Obama (che in questo modo ha risposto al messaggio che gli aveva indirizzato il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad dopo la sua vittoria alle elezioni in novembre) ha affermato che è deciso a «cercare un dialogo onesto e fondato sul mutuo rispetto», ma anche l'Iran ha una «scelta» da fare. Il presidente Usa ha detto che che l'Iran non potrà ottenere il rango internazionale che le spetta «attraverso il terrorismo o le armi». Obama ha quindi interrotto la politica Bush, che aveva posto l’Iran tra i Paesi dell’«asse del male».

DIPLOMAZIA - «Abbiamo gravi divergenze che si sono amplificate con il tempo», ha proseguito Obama. «La mia amministrazione è ora risoluta a praticare una diplomazia che tratta la totalità dei problemi che abbiamo davanti a noi e a cercare di stabilire relazioni costruttive tra gli Stati Uniti, l’Iran e la comunità internazionale. Questo processo non progredirà con le minacce». La Casa Bianca ha dichiarato che il video sarà disponibile su internet, ma anche distribuito ad alcuni organi d'informazione del Medio Oriente. Un portavoce della Casa Bianca ha citato Al Jazeera in inglese, la Bbc in persiano e la Voce dell’America. L’edizione delle 14 del primo canale della tv di Stato iraniana non ha però fatto alcun cenno all’inziativa di Obama.

REAZIONI POSITIVE - Primi commenti favorevoli da Teheran al messaggio di Obama. Il consigliere per i media del presidente iraniano Mahmud Ahmadinejad, Akbar Javanfekr, ha affermato: «Accogliamo con favore la volontà del presidente americano di mettere da parte le differenze del passato, ma non si deve chiedere all'Iran di dimenticare unilateralmente l'atteggiamento aggressivo degli Stati Uniti. Gli Usa devono riconoscere i propri errori e ripararli per poter mettere fine alle differenze tra i due Paesi». Anche il ministro dell’Energia iraniano, Parviz Fattah, ha commentato positivamente il messaggio di Obama, ma nel contempo ha reso noto che la controversa centrale atomica di Bushehr (che gli occidentali temono possa servire anche al programma di armamenti nucleari) entrerà in funzione entro la fine dell'anno.

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Russia, Obama nello spot di un gelato
Polemiche per la pubblicità del cremino "Duet", con lo slogan «tutti ne parlano: nero dentro il bianco!»

MOSCA - Non è la prima volta che l’immagine di Barack Obama viene usata in una pubblicità, ma la campagna per il gelato "Duet" dell’agenzia russa Voskhod ha scatenato un mare di polemiche. Lo slogan, davanti a un Obama-cartoon sorridente che fa il segno della vittoria - sullo sfondo la Casa Bianca - è esplicito: «Tutti ne parlano: nero dentro il bianco! Cioccolato dentro la vaniglia! È il gusto della settimana» (guarda).

ACCUSA DI RAZZISMO - Dalla Russia il manifesto è rimbalzato in diversi siti in lingua inglese, dove lo scandalo è scoppiato. «Si tratta semplicemente di razzismo» accusano diversi internauti. E uno si chiede: «Il gelato avrà lo stesso cattivo gusto della pubblicità?». L'autore dello sopt, Andrei Gubaidullin, ha replicato che «in Russia questo non è razzismo, è una battuta». Questione di sensibilità insomma. Ma la scritta «gusto del mese» riferita al presidente degli States sembra voler insinuare che il "fenomeno Obama" (con tanto di arcobaleni multipli sullo sfondo) durerà poco. La Russia "vanta" anche dei precedenti: l’immagine del presidente è stata usata per pubblicizzare un solarium e la catena di centri odontoiatrici MeraDent. In questo caso con lo slogan «democrazia dentale».

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27/03/2009 20:33

Obama: «Al Qaeda prepara un attacco»
WASHINGTON - Al Qaeda è ancora attiva e dai santuari in Pakistan «sta preparando un attacco» contro il territorio americano. Barack Obama, annunciando la nuova strategia anti-terrorismo degli Usa, lancia l'allarme. «L'obiettivo primario - ribadisce il presidente - è quello di smantellare» la rete terroristica di Osama bin Laden. Ma per raggiungere questo scopo sarà cruciale il ruolo di Islamabad. «Il confine tra Afghanistan e Pakistan - spiega - è la zona più pericolosa del mondo per gli americani».


AFGHANISTAN - «Secondo numerose analisi dell'intelligence Al Qaeda sta progettando attivamente degli attacchi contro gli Stati Uniti dal suo rifugio in Pakistan» spiega Obama. E anche in Afghanistan la situazione sta diventando sempre più pericolosa: «Il 2008 è stato l'anno con più caduti americani nella guerra». Per questo serve maggiore impegno: saranno inviati 4mila soldati come addestratori delle forze di sicurezza locali e ci sarà un maggiore impegno civile. Accelereremo il nostro sforzo per creare un esercito afghano con 134mila unità e una forza di polizia con almeno 82mila unità in modo da affidare sempre più la responsabilità della sicurezza alle forze locali». Obama ha ordinato l'invio di altri 17mila soldati in Afghanistan, chiesti mesi fa dal generale McKiernan: «Questi soldati e marines aggiuntivi porteranno la lotta contro i talebani nel sud e nell'est e ci daranno una più ampia possibilità di agire in partnership con le forze di sicurezza dell'Afghanistan e dare la caccia agli insorti lungo il confine. Questo incremento di truppe servirà anche a dare più sicurezza in vista delle importanti elezioni presidenziali del prossimo agosto». Gli Stati Uniti non chiuderanno gli occhi sulla corruzione in seno al governo di Kabul soprattutto ora che l’Afghanistan potrà beneficiare di un maggiore aiuto.

PAKISTAN - Ma il destino dell'Afghanistan, ripete Obama, è legato a quello del Pakistan. Da una parte Islamabad deve dimostrate il suo impegno contro i terroristi, dall'altra gli Usa si impegnano a fornire al Pakistan un miliardo e mezzo di dollari all'anno per cinque anni. «Serviranno a costruire scuole, strade e ospedali e a rafforzare la democrazia pakistana».

IL PIANO - Nel presentare il suo «piano complessivo» per l'Afghanistan e il Pakistan, Obama riconosce che in questa situazione di incertezza molti americani si domandano «perché siamo ancora lì, perché i nostri uomini e le nostre donne vengono uccisi». Il presidente afferma che in quei due Paesi è in gioco la sicurezza degli Stati Uniti e del resto della comunità internazionale: «È una sfida alla sicurezza internazionale al più alto livello - spiega - la sicurezza delle persone di tutto il mondo è in gioco». Per questo, gli Stati Uniti devono «scardinare, sconfiggere e smantellare» la rete terroristica in questi paesi. E per farlo è importante che gli americani capiscano che non solo l'Afghanistan, ma anche il Pakistan «ha bisogno del nostro aiuto». Mentre a Kabul bisogna fare di tutto perché il governo non cada sotto i talebani e riesca a bloccare al Qaeda, altrimenti il paese «sarà la base di terroristi che ci vogliono uccidere».

GRUPPO DI CONTATTO - Obama annuncia poi che, assieme alle Nazioni Unite, gli Usa daranno vita a un nuovo Gruppo di Contatto per l'Afghanistan e il Pakistan che metta assieme tutte le nazioni che hanno una parte nella sicurezza della regione: gli alleati della Nato e altri alleati, ma anche gli Stati dell'Asia Centrale, le nazioni del Golfo e l'Iran, la Russia, l'India e la Cina. «Il mondo non può permettersi di pagare il prezzo se l'Afghanistan torna a sprofondare nel caos - ripete Obama. - Abbiamo una responsabilità comune all'azione perché da questo dipende la nostra pace e la nostra sicurezza».

ISLAMABAD E KABUL - Il Pakistan saluta come «molto positivo» il programma. «Credo che l'impostazione della nuova amministrazione Obama sia molto positivo. Guarda a un approccio regionale per risolvere la situazione - ha detto il ministro degli Esteri Shah Mahmud Qureshi -. Il Pakistan intende giocare un ruolo attivo, costruttivo in questo frangente perché riteniamo che la nostra pace e la nostra sicurezza siano legate all'Afghanistan». Plauso anche dall'Afghanistan: secondo il presidente Karzai la nuova strategia aumenta le possibilità di successo contro la minaccia del terrorismo e della guerriglia e sarà di beneficio sia al popolo afghano che all’intera regione. In particolare, Karzai ha accolto con favore l’invio di altri 4mila militari americani.

ITALIA E FRANCIA - Per l'Italia il ministro degli Esteri Frattini dice che «la Ue è davvero unita nel considerare la svolta degli Stati Uniti in Afghanistan importante e condivisibile» e il governo francese ha espresso soddisfazione per la nuova strategia Usa, nel quadro di un ruolo rafforzato delle Nazioni Unite. Il portavoce del ministero degli Esteri Eric Chevalier ha ricordato come la nuova strategia si basi su quattro assi: «Una dinamica politica rivolta alla riconciliazione nazionale; un aiuto civile rafforzato e meglio coordinato; una presenza internazionale di sicurezza rivolta verso uno sviluppo notevole della capacità militari e di polizia afgane; una dinamica regionale di stabilizzazione». Chevalier si è anche espresso favorevolmente riguardo a un possibile coinvolgimento dell’Iran negli sforzi di stabilizzazione della regione.

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27/03/2009 23:19

non è già tutta un'altra cosa rispetto a soli 4 mesi fa?
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03/04/2009 19:59

Effetto Obama sui no-global : «Ma è solo una parentesi»
Questa volta sono mancati i riti dell'antiamericanismo di piazza. Non si sono viste le bandiere a stelle e strisce date alle fiamme, gli striscioni yankee go home, le caricature del leader della Casa Bianca. Anzi, in onore della prima visita di Barack Obama in Europa, davanti a Buckingham Palace sono apparsi gli ormai classici ritratti del presidente creati da Shepard Fairey, nuove icone dell'America come e più del contestato logo Starbucks. A Londra la rabbia c'era, ma non era diretta contro l'America. Alla forma più virulenta di antiamericanismo, quello francese, lo studioso Philippe Roger ha dedicato il lungo saggio Il nemico americano (Sellerio, 2008). Davvero siamo di fronte a una svolta? «Non so quanto duratura, il fenomeno è talmente radicato che non credo possa scomparire. Però è vero che le manifestazioni di Londra sono una novità, credo che tutto dipenda dalla personalità e dallo stile di Barack Obama.

Si sta ripetendo quello che è successo con il New Deal di Roosevelt, quando gli europei erano stupefatti dalle politiche americane di intervento pubblico nell'economia. I moderati e persino la sinistra riformista erano quasi spaventati, giudicavano Roosevelt una specie di collettivista, vennero avanzati paragoni con i piani quinquennali sovietici». Obama nuovo eroe nei no global? «Oggi c'è la gara a tirare il presidente americano dalla propria parte, una gara alla quale partecipano tutti, da Sarkozy alla sinistra radicale — continua Roger —. Obama viene visto, a torto o a ragione, come il modello di quello che bisognerebbe fare in Europa e non si fa. Come nel 1932/1933, c'è un presidente di rottura rispetto all'abituale equazione tra capitalismo e America. Ma a mio parere si tratta di una parentesi, l'antiamericanismo ha ragioni di lungo periodo». Dall'altra parte dell'Atlantico, uno dei migliori osservatori delle relazioni tra Usa e Europa è Charles A. Kupchan, ex consigliere di Bill Clinton, direttore del dipartimento di studi europei del Council on Foreign Relations. Kupchan individua un paradosso: «Il movimento no global, anticapitalistico, grazie alla crisi è più forte che mai, ma non è più diretto in primo luogo contro gli Stati Uniti, che pure con i subprime possono essere considerati all'origine del disastro. Merito della straordinaria popolarità di Obama, alla quale contribuisce non poco la sua origine multietnica.

Presto la politica estera mostrerà tutti gli elementi di inevitabile continuità tra le diverse amministrazioni. Ma la personalità di Obama continuerà a fornire un'immagine diversa, più positiva, dell'America». Il colore della pelle del leader americano sembra tuttora decisivo. «Chi scende in piazza contro il capitalismo, per formazione e abitudine, è terrorizzato all'idea di insultare un presidente nero», dice lo storico britannico di area conservatrice Andrew Roberts. Che come gli altri commentatori coglie la novità del momento, ma non pensa a un cambio definitivo. «Si tratta di una fortunata coincidenza. Obama gode di una luna di miele nella quale è percepito come un outsider. I pacifisti non protestano contro Obama neppure quando manda rinforzi in Afghanistan o ordina attacchi aerei contro il Pakistan; ma gli Stati Uniti restano il cuore del capitalismo e hanno molte truppe impegnate in missioni all'estero. I no global finiranno per prenderne atto e mi aspetto presto una recrudescenza di antiamericanismo».

In Francia, dove l'amore-odio verso l'America è uno dei caratteri nazionali, il quotidiano Libération da sempre vicino ai movimenti anti-globalizzazione in questi giorni ha cantato le lodi di Obama. «È il migliore, non è corresponsabile del disastro come i dirigenti europei — dice il direttore Laurent Joffrin —. I nostri leader hanno accettato il vecchio sistema chiudendo gli occhi. Obama è stato eletto per segnare una svolta rispetto alla vecchia politica, ha più slancio, più freschezza intellettuale. E infatti le previsioni del Fmi per il 2009 vedono meglio gli Usa dell'Europa». Con il romanzo Cenerentola, uscito da poche settimane in Italia per il Saggiatore, due anni fa lo scrittore francese Eric Reinhardt ha sorprendentemente anticipato nei dettagli la crisi a venire. «Uno dei miei personaggi dice di non capire come mai la gente non si è ancora rivoltata, e progetta di fuggire in un'isola sperduta "per non venire infilzato da un forcone". Non me lo auguro, ma oggi assistiamo all'inizio di questa rabbia. E il nemico non è tanto l'America, quanto il dirigente della banca sotto casa, o il grande manager che guadagna una fortuna. I francesi se la prendono più con il miliardario François-Henri Pinault che con la Casa Bianca».

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04/04/2009 15:57

il motivo di tutto ciò non è la popolarità di Obama, ma il fatto che le sue politiche - almeno per ora - stanno rispondendo in qualche modo alle esigenze espresse dal movimento no-global. Non si può certo definire lui stesso un "no-global", ma il suo modo di ascoltare ogni singola posizione sui temi di interesse mondiale stanno facendo la differenza rispetto al passato (soprattutto quello più recente)
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05/04/2009 13:20

«Vogliamo la pace senza armi nucleari. Nel mondo c'è ancora pericolo atomico»

«La protesta pacifica getta le basi per un impero. Ed è più potente di qualsiasi altra arma». Barack Obama ha aperto così, ricordando la primavera di Praga e l'evoluzione della Repubblica Ceca, passata dall'essere un Paese soggiogato all'ideologia comunista a nazione assurta al rango di leader europeo, il suo discorso a margine del vertice Stati Uniti-Ue, pronunciato all'aperto, davanti a circa 30 mila persone radunate nella piazza Hradcani, dinanzi al castello della città. Le sfide del momento, ha detto il presidente americano, richiedono coesione: non possiamo permetterci di essere divisi, come è avvenuto per troppo tempo. Anche perché, ha sottolineato, la «guerra fredda» ha tenuto per mezzo secolo il mondo con il fiato sospeso. «Adesso - ha commentato - è giunta l'ora di voltare pagina».

RISCHIO NUCLEARE - Obama ha poi spiegato che servono «nuove relazioni con la Russia per prospettiva comune». «Una di queste - ha puntualizzato - è il futuro delle armi nucleari nel 21esimo secol. L’esistenza di migliaia di armi nucleari è l’eredità più pericolosa della guerra fredda. Intere generazioni hanno vissuto con la consapevolezza che il mondo potesse essere distrutto in pochi istanti. Città come Praga avrebbero potuto cessare di esistere in un attimo. La guerra fredda è finita, ma le armi ci sono ancora. Il rischio di attacchi nucleari, anzi, è aumentato: più Paesi si sono dotati di armi atomiche, c’è il mercato nero, i terroristi sono orientati a comprare e rubare armi nucleari. Ci sono ancora nazioni e popoli che violano leggi contro la proliferazione. E si potrebbe arrivare al punto in cui non ci si potrà più difendere da loro»

«LIBERI DALLA PAURA» - «Dobbiamo agire per vivere liberi dalla paura nel 21esimo secolo - ha esortato il capo della Casa Bianca -. Gli Stati Uniti sanno di avere una responsabilità nel guidare questo processo. Lo faremo e chiederemo agli altri di fare altrettanto. Guideremo il mondo verso una pace senza armi nucleari. Fino a che queste armi ci saranno, gli Usa manterranno un prorpio arsenale necessario per garantire la difesa di tutti gli alleati. Ma con la Russia negozieremo un nuovo trattato di riduzione delle armi già a partire quest'anno».



«ROAD MAP», NORD COREA E IRAN - Obama ha poi sintetizzato la «road map» per il nuovo scenario senza testate atomiche: «I Paesi che hanno armi nucleari dovranno lavorare per lo smantellamento; quelli che non le hanno non le dovranno acquisire. E tutti potranno usare l'energia nucleare per scopi pacifici. Possiamo pensare di creare una banca internazionale per il nucleare a scopi pacifici. E tutti i paesi che faranno test saranno tenuti sotto controllo». Ma, ha aggiunto, «non dobbiamo farci illusioni: alcuni Paesi violeranno le regole e dobbiamo essere pronti a reagire. Proprio stamattina abbiamo visto che la Corea del Nord ha violato le regole ancora una volta. Questa provocazione comporta la necessità di una reazione. E' il momento di una risposta forte. La Corea del Nord deve sapere che il rispetto non arriverà mai attraverso la minaccia nucleare: quindi tutti dobbiamo fare pressione perché cambi tendenza». Obama ha poi citato il caso dell'Iran, che a sua volta potrebbe finire con l'utilizzare il nuclerare per scopi non pacifici. Per questo, ha detto, ha un senso continuare lavorare per lo scudo anti-missili che vede le nazioni del centro-Europa, tra cui proprio la Repubblica Ceca, in prima linea per la dislocazione degli apparati difensivi. Sta ora a Teheran, ha detto Obama, fare una scelta su come vorrà sviluppare il proprio programma nucleare.

IN SICUREZZA ENTRO QUATTRO ANNI - Al Qaeda, ha infine ricordato il presidente americano, «ha detto più che vuole la bomba e che non avrà remore nell'utilizzarla. Dobbiamo impedire che ne venga in possesso». A questo proposito Obama si è preso l'impegno di mettere in sicurezza tutto il materiale nucleare presente negli arsenali ereditati dalla guerra fredda in un tempo massimo di quattro anni.


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10/04/2009 15:33

Obama chiede al Congresso altri fondi per la guerra in Afghanistan e Iraq

WASHINGTON - Barack Obama chiede oltre 80 miliardi di dollari extra per rilanciare la strategia militare in Afghanistan e stabilizzare l'Iraq dopo il progressivo ritiro delle truppe. Nella lettera inviata alla speaker della Camera Nancy Pelosi, il presidente americano sottolinea "la minaccia che arriva dal confine tra il Pakistan e l'Afghanistan" rilevando che "l'insorgenza talebana e Al Qaeda minacciano l'America dai loro sicuri rifugi lungo il confine afgano-pakistano". In un altro passaggio viene evidenziata la necessità di "aiutare il popolo iracheno ad assumersi la responsabilità del proprio futuro".

Obama esorta i parlamentari a concedergli la somma, precisamente 83,4 miliardi di dollari che saranno gestiti per la gran parte del Pentagono. E promette che questo sarà l'ultimo stanziamento per la guerra adottato in forma supplementare. "Dobbiamo rompere la recente consuetudine e includere i costi militari futuri nel piano di spesa ordinario", afferma il capo della Casa Bianca che da senatore si era sempre opposto ad analoghe richieste avanzate dall'amministrazione Bush.

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Iran, ancora una sfida sul nucleare
Nuovo impianto per arricchire uranio


TEHERAN - L'Iran è riuscito ad ottenere nuovi progressi nella tecnologia nucleare nonostante "le pressioni, la propaganda e le minacce militari del nemico". Lo ha detto oggi il presidente Mahmud Ahmadinejad. Che ha inaugurato ad Isfahan, nella 'Giornata nazionale dell'energia atomica', il primo impianto per la produzione di combustibile per alimentare centrali nucleari.

Ahmadinejad ha sottolineato le due principali novità annunciate oggi: la produzione per la prima volta di combustibile nucleare pronto per essere immesso nei reattori e la produzione di due nuovi tipi di centrifughe "capaci di fornire uranio arricchito ad un ritmo diverse volte superiore" a quello finora ottenuto con le centrifughe già installate.

Successivamente il capo dell'energia atomica iraniana Gholam Reza Aghazadeh ha dichiarato che nell'impianto inaugurato oggi sono state installate circa settemila centrifughe. L'Iran, secondo un alto funzionario iraniano, ha completato l'ultima fase del ciclo di produzione di energia nucleare e ottenuto la tecnologia per produrre centrifughe più "accurate".

La ricorrenza odierna è stata istituita nell'anniversario dell'annuncio fatto nel 2006 da Ahmadinejad che Teheran era riuscita ad arricchire per la prima volta uranio proprio nel suo impianto di Natanz, con lo scopo dichiarato di alimentare centrali nucleari per la produzione di energia elettrica. Gli Usa e altri Paesi occidentali, invece, sospettano la Repubblica islamica di volere dotarsi di armi nucleari. Un'accusa respinta ancora una volta da Ahmadinejad.

I responsabili del programma nucleare iraniano hanno sottolineato che la nuova iniziativa di Isfahan dimostra che Teheran ha ormai il controllo di tutto il processo per l'arricchimento dell'uranio necessario per produrre energia atomica. Una dichiarazione che sembra voler riequilibrare la mezza apertura al dialogo offerto dal '5+1' sul programma nucleare. Stati Uniti, Russia, Cina, Francia, Germania e Gran Bretagna avevano fatto sapere con una nota di voler chiedere all'alto rappresentante dell'Ue per la politica estera, Javier Solana, di invitare Teheran a un incontro: "Chiediamo con forza all'Iran di approfittare di questa opportunità per impegnarsi seriamente con tutti noi in uno spirito di mutuo rispetto".

"Valuteremo e poi decideremo", è stata la replica di Ali Akbar Javanfekr, alto consigliere del presidente iraniano, Mahmoud Ahmadinejad. Mohammad Marandi, docente all'università di Teheran ha sottolineato che l'Iran probabilmente accetterà l'invito al dialogo, ma solo "se non comprenderà alcune restrizioni". Washington inoltre, secondo il docente, deve impegnarsi a riconoscere l'uso pacifico del nucleare iraniano. Ribadendo la determinazione di Teheran a proseguire con il suo programma nucleare per scopi civili, Ahmadinejad annuncerà nella città centrale di Isfahan che l'Iran ha completato il passaggio finale della produzione di energia atomica.

L'Occidente sospetta invece che si tratti dello sviluppo dell'ordigno nucleare. I cinque membri permanenti del Consiglio di sicurezza e la Germania avevano "salutato con grande favore la nuova direzione assunta dalla politica Usa nei confronti del'Iran" e ribadito la loro determinazione a rispondere attraverso le vie diplomatiche ai timori creati dal programma nucleare iraniano, in linea con il pacchetto di incentivi funzionari e diplomatici offerti l'anno scorso per convincere Teheran ad abbandonare il programma di arricchimento dell'uranio.

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... [SM=g1336780] ....... [SM=g1336803]
...volemose bene...
[Modificato da cuix 10/04/2009 15:34]
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14/04/2009 00:40

Obama, aperture a Cuba possibili in futuro voli regolari

WASHINGTON - Obama apre la strada a una cancellazione dell'embargo a Cuba e a future relazioni diplomatiche. Il presidente americano ha ordinato la revoca delle restrizioni sui viaggi e sul trasferimento di denaro. Sarà presto possibile telefonare e ricevere chiamate direttamente dagli utenti dell'isola caraibica. Gli operatori americani potranno partecipare alle gare per l'emissione delle licenze, ovviamente con il sì dell'Avana. Non esclusa la possibilità di istituire voli regolari.

La strategia del presidente, ha confermato il portavoce della Casa Bianca Robert Gibbs, avrà dunque l'effetto di aprire nuovi canali di informazione a favore della gente che abita a Cuba. "E' un modo per rendere i cubani meno dipendenti dal regione castrista".

La direttiva allarga tra l'altro la gamma di oggetti che potranno essere spediti a Cuba per includere abiti, oggetti di igiene personale e attrezzature da pesca. Sarà tuttora proibito inviare doni ad alti funzionari del governo e del Partito Comunista.

L'annuncio, alla vigilia del Vertice delle Americhe che si aprirà questa settimana a Trinidad, risponde alle pressioni dei leader latino americani per una normalizzazione delle relazioni tra Stati Uniti e Cuba.

L'embargo contro l'isola dura dal 1962 e fu introdotto da John Fitzgerald Kennedy. Jimmy Carter negli anni Settanta lo allentò, Ronald Reagan introdusse negli anni Ottanta regole più dure. Più di recente Bush aveva varato regole che permettono visite familiari ogni tre anni, ma riducendo i permessi.

L'apertura di Obama è speculare ai passi che Raul Castro sta facendo a Cuba per rendere meno duro il regime instaurato dal fratello Fidel. Aperture su internet, sul commercio, sulla comunicazione, permesse perfino piccole forme di dissenso.

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14/04/2009 12:02

Re: Obama, aperture a Cuba possibili in futuro voli regolari

Castro: "Obama tolga il blocco
Cuba non accetta elemosina"


L'AVANA - Il leader cubano Fidel Castro ha chiesto al presidente americano Barack Obama la fine del "blocco" contro l'isola caraibica e ha rifiutato "qualsiasi elemosina", dopo l'annuncio della revoca di una serie di restrizioni nei confronti di Cuba. "Del blocco, che è il più crudele dei provvedimenti, non è stata detta una parola", scrive Castro in un articolo pubblicato sul sito ufficiale Cubadebate.

Ieri gli Usa hanno annunciato la revoca delle restrizioni ai viaggi e alle rimesse dei cubano-americani che hanno ancora parenti nell'isola, oltre ad annunciare una liberalizzazione nel settore delle telecomunicazioni tra i due paesi. Cuba "non accusa Obama delle atrocità commesse da altri governi degli Stati Uniti" e non dubita della "sua sincerità e della sua volontà di cambiare la politica e l'immagine degli Stati Uniti", afferma tuttavia l'ex presidente cubano, sottolineando che ora "ci sono le condizioni perché Obama sfrutti la sua capacità a condurre una politica costruttiva per porre fine a quella che è fallita per quasi cinquant'anni". "Cuba ha resistito e resisterà ancora. Non tenderà la mano per chiedere l'elemosina. Andrà avanti con la testa alta", assicura il 'lider maximo'.

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19/04/2009 15:13

Obama, nuova era con Cuba - Chávez: «Voglio esserle amico»
WASHINGTON — Quando gli storici ricercheranno i momenti simbolici del cambio di stagione, che nella primavera 2009 cominciò a riscrivere i rapporti degli Usa con l'ex «cortile di casa» latino-americano, più che alle parole di Raúl Castro sulla disponibilità a discutere «di tutto» su Cuba con Washington, forse guarderanno al gesto di un libro, regalato da Hugo Chávez e accettato da Barack Obama. E in fondo ha poca importanza, che fosse un saggio di Eduardo Galeano su 5 secoli di invasiva interferenza politica ed economica in Sud America, da parte prima delle nazioni europee e poi degli Stati Uniti. Come ha raccontato poco dopo, Obama pensava si trattasse di un libro di Chávez: «Volevo dargliene in cambio uno dei miei».



Decisiva è stata soprattutto l'iconografia. Quella che ha visto un populista incendiario, lo stesso che aveva definito George W. Bush «il diavolo», attraversare la sala del summit delle Americhe per fare un omaggio, sia pure dal sapore provocatorio, al nuovo presidente americano. «Voglio esserle amico», è stata la frase che il leader venezuelano avrebbe detto a Obama, non smentita dalla Casa Bianca. «È stato un buon momento, ci siamo stretti la mano come due gentiluomini. Penso che il presidente Obama sia un uomo intelligente, diverso dal predecessore», ha poi commentato Chávez, ultimo in ordine di tempo a subirne il fascino. Cosa significhi ciò in termini pratici è presto per dirlo e incauto anticipare. Lo stesso Obama, quando i giornalisti lo hanno pressato su un possibile bilaterale con Chávez, ha cambiato discorso: «Stiamo facendo progressi al summit». Che è poi il vero punto dell'esercizio diplomatico della Casa Bianca. Annunciando un «nuovo inizio» nei rapporti con Cuba, accettando le attenzioni di Chávez e soprattutto offrendo ai Paesi del Continente fratello «cooperazione su basi paritarie», Barack Obama tende la mano all'America Latina, di cui ha bisogno e che vuole al suo fianco nelle sfide globali, dall'energia ai cambiamenti climatici. «A volte ci siamo disimpegnati, a volte abbiamo cercato di imporre la nostra volontà, ma da oggi non c'è più un partner maggiore e uno minore nei nostri rapporti», ha detto in uno dei passaggi più applauditi del suo discorso. Obama si è concesso perfino una battuta ironica nei confronti del presidente del Nicaragua Daniel Ortega, l'ex nemesi di Ronald Reagan che tentò per anni di farlo cadere, il leader sandinista cacciato nel 1990 ma tornato al potere tre anni fa.

Dopo essere andato a stringere la mano di Obama al suo arrivo, Ortega aveva svolto un intervento di fuoco, denunciando l'imperialismo Usa come causa principale delle rovine dell'emisfero sudamericano e citando perfino l'invasione della Baia dei Porci a Cuba, nel 1961. Ma aveva avuto il buon gusto di aggiungere, che al nuovo presidente non poteva essere addebitata alcuna responsabilità. Così, quando è toccato a lui parlare, Obama non ha perso l'occasione: «Sono grato al presidente Ortega di non avermi accusato di cose successe quando avevo 3 mesi». È stata l'apertura a Cuba, ovviamente, a dominare la prima parte dei colloqui. Con la maggioranza dei Paesi dell'Oas che hanno spinto su Obama per la fine dell'embargo economico americano contro l'isola. Un tema sul quale il presidente si è però mostrato molto cauto: secondo la Casa Bianca, la «nuova direzione» nei rapporti implica in primo luogo dimostrazioni concrete da parte del regime castrista, come il rilascio dei prigionieri politici. Eppure l'impressione è che il problema di Cuba sia per gli Stati Uniti solo un residuo del passato. Come scrive nell'edizione odierna il New York Times, i «Castro non sono più una minaccia, esportano dottori e non rivoluzione». E i gesti d'apertura di Obama verso l'isola sembrano mirare al più vasto pubblico dei Paesi sudamericani, in nome delle vere priorità strategiche degli Usa.

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21/04/2009 22:40

Obama invita i leader mediorientali "Spero in gesti di buona volontà"

WASHINGTON - Il presidente degli Stati Uniti Barack Obama intende invitare i leader di Egitto, Israele e dell'Anp a colloqui separati sul processo di pace in Medio Oriente da tenersi nelle prossime settimane. La Casa Bianca ha fatto sapere che Obama ha intenzione di invitare a Washington il premier israeliano Benjamin Netanyahu, il leader palestinese Abu Mazen (Mahamud Abbas) e il presidente egiziano Hosni Mubarak.

Il presidente americano ha avuto oggi un colloquio col re di Giordania Abdallah esprimendo la speranza di "gesti di buona volontà" nei mesi a venire da parte dei protagonisti del processo di pace.

Il portavoce della Casa Bianca Robert Gibbs non ha precisato le date delle visite dei tre leader a Washington ma ha lasciato intendere che ciò avverrà nelle prossime settimane. "Con ciascuno il presidente Obama discuterà come gli Stati Uniti possono rafforzare la nostra partnership con loro - ha detto il portavoce - così come le iniziative che le parti dovranno adottare per raggiungere la pace tra Israele ed i palestinesi e tra Israele ed i paesi arabi".

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21/05/2009 19:10

Obama: no a commissione indipendente che indaghi sul carcere di Guantanamo

WASHINGTON (USA) - Guantanamo verrà chiuso entro gennaio 2010. Lo ha ribadito il presidente degli Stati Uniti Barack Obama che ha detto anche di essere contrario alla nomina di una commissione indipendente che indaghi sui metodi della amministrazione Bush per combattere il terrorismo. Per Obama però nella lotta al terrorismo l'amministrazione Bush è andata «fuori pista», un giudizio confermato dalle elezioni dove gli americani «hanno scelto candidati che respingevano la tortura e volevano chiudere Guantanamo». «Alcune decisione sono state prese credo con il desiderio sincero di difendere il Paese» ha detto Obama, sottolineando però che si è trattato di «decisioni basate sulla paura piuttosto che su una visione politica». E che soprattutto sono state caratterizzata dalla «messa da parte di tutti i valori ed i principi» che sono «il miglior strumento della nostra difesa nazionale». «Ora siamo una nazione che ha chiuso le camere di tortura» ha sottolineato il capo del governo Usa.

NESSUNO IN LIBERTA' - Il presidente americano ha detto poi che, con Guantanamo, la sua amministrazione sta cercando di rimediare «alla situazione disastrosa» ereditata da quella precedente: «un esperimento fallito che ci ha lasciato una valanga di problemi legali». Gli Stati Uniti tuttavia non metteranno in libertà alcun detenuto di Guantanamo che si riveli una minaccia per la sicurezza nazionale ha detto ancora Obama. Il presidente ha spiegato che gli attuali 240 detenuti saranno divisi in cinque categorie. Alcuni saranno processati in tribunali ordinari, altri in corti militari speciali, altri ancora saranno trasferiti all'estero o in prigioni di massima sicurezza negli Usa. Ma resterà un nucleo di terroristi «che non possono essere processati e che costituiscono un pericolo per la sicurezza», e non verranno rimessi in libertà nè potranno essere sottoposti a processi: verranno sviluppate procedure per valutare cosa fare di loro.

DETENUTI - Per il presidente degli Stati Uniti sono cinquanta i detenuti di Guantanamo che hanno i requisiti per essere trasferiti in Paesi stranieri. «La mia amministrazione - ha aggiunto Obama - sta portando avanti discussioni con un certo numero di altri paesi per trasferire i detenuti sul loro suolo per detenzioni e riabilitazioni».

AL QAEDA - Al Qaeda sta «attivamente pianificando di attaccarci di nuovo» e gli Stati Uniti «sono in guerra con Al Qaeda e le sue affiliazioni»: ha aggiunto Obama. «Sappiamo che esiste questa minaccia - ha detto Obama -, che sarà con noi per lungo tempo, e che dobbiamo usare tutte gli elementi in nostro potere per sconfiggerla».

RISPOSTA AL CONGRESSO - La dichiarazione di Obama arriva all'indomani della decisione del Senato di bocciare la richiesta dell'amministrazione Obama di ricevere 80 miliardi di dollari di fondi per chiudere il carcere cubano con un emendamento votato dalla quasi totalità dei senatori, 90 contro 6, che metteva un serio stop alla decisione già annunciata in precedenza dal presidente Usa di chiudere i battenti del penitenziario. Del resto senatori e deputati hanno fatto a gara in queste settimane a presentare emendamenti e rilasciare dichiarazioni per respingere l'ipotesi che presunti terroristi di Guantanamo possano finire in basi militari o carceri speciali nel loro distretto elettorale. Una scelta quella del Congresso che non vede d'accordo Obama, che nel suo discorso ha ribadito la necessità di svuotare in ogni caso la prigione cubana. Anche contro il volere di deputati e senatori.

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30/05/2009 01:50

Obama, cyberterrorismo e' minaccia
Sara' creato ufficio 'Zar' per sicurezza Reti e digitale




(ANSA) - WASHINGTON, 29 MAG - Gli attacchi terroristici sulle reti digitali sono 'una seria minaccia alla sicurezza degli Usa'. Lo ha detto Barack Obama. Nel corso di un discorso alla Casa Bianca dedicato alla sicurezza del cyberspazio, il presidente ha aggiunto: 'I nostri network militari e di sicurezza sono costantemente sotto attacco'. Le Reti saranno quindi trattate come asset strategici nazionali e protette' da un apposito ufficio detto 'Zar' per la sicurezza digitale.
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03/06/2009 18:18

Bin Laden accusa Obama "Stessa politica di Bush"


IL CAIRO - Barack Obama "adotta la stessa politica di George Bush" e "lui e la sua amministrazione hanno gettato altri semi per aumentare l'odio e la vendetta contro gli Stati Uniti". L'accusa arriva da Osama Bin Laden, in un nuovo messaggio audio diffuso da Al Jazeera in apertura del notiziario tv, nel giorno in cui il presidente americano è arrivato a Riad, prima tappa del suo viaggio nel mondo arabo. Domani Obama sarà al Cairo, in Egitto, dove pronuncerà un atteso discorso per gettare un ponte con i paesi islamici, di cui ha anticipato in un'intervista i contenuti. Già ieri era arrivato un altro comunicato di Al Qaeda, firmato dal suo numero due Al Zawahiri, che accusava Obama di essere un criminale sanguinario.

"Obama segue la linea di chi lo ha preceduto nel disprezzo e nello spirito di vendetta che cova nei confronti dei musulmani", dice la voce attribuita al leader di Al Qaeda nella registrazione audio trasmessa da Al Jazeera. Bin Laden parla anche della recente offensiva militare dell'esercito pachistano nella Valle di Swat, in Pakistan: "Obama e la sua amministrazione hanno spinto (il presidente pachistano Asif Ali) Zardari ad applicare la sharia con i bombardamenti e le distruzioni che hanno provocato 2000 morti musulmani nella valle dello Swat", dice nell'audio lo sceicco del terrore.

"Questo significa semplicemente che Obama e la sua amministrazione hanno gettato nuovi semi per l'odio e la vendetta contro gli Stati Uniti", continua il capo di Al Qaeda: "Il numero di questi semi equivale a quello dei morti e del senzatetto nella valle dello Swat e significa che Obama segue i passi del suo predecessore. Quello che si sta verificando in Pakistan - sostiene poi Bin Laden - è un complotto giudaico-americano-indiano, che mira a dividere il paese per eliminare le preoccupazioni americane sull'arma nucleare pachistana".

Nella capitale saudita, l'audio è stato accolto con freddezza: è un ''atto di disperazione'' da parte del leader di Al Qaeda, ha dichiarato un responsabile del ministero dell'Informazione. ''Continuano a rilasciare le loro dichiarazioni nascosti in una caverna'', ha aggiunto.

A Riad il presidente americano è giunto senza la moglie Michelle, che lo raggiungerà nella parte europea del viaggio con tappe a Dresda e in Normandia nei prossimi giorni, ed è stato accolto ai piedi della scaletta dell'Air Force One dal sovrano saudita Abdullah. In programma ci sono una serie di colloqui tra Obama e Abdullah nel palazzo del sovrano all'esterno di Riad, famoso per le scuderie dove sono allevati preziosi cavalli da corsa.

Tra i temi principali in agenda: il prezzo del petrolio, i rapporti con l'Iran, il rilancio del negoziato di pace tra israeliani e palestinesi. Obama trascorrerà la notte nel palazzo di Abdullah per trasferirsi domani in Egitto dove pronuncerà il suo atteso discorso rivolto al mondo musulmano.

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05/06/2009 07:56

Obama all'Islam: "Cerchiamo un nuovo inizio. Sospetti e discordie devono finire"


IL CAIRO - "Sono qui per cercare un nuovo inizio fra gli Stati Uniti ed i musulmani nel mondo, basato sul mutuo interesse e sul mutuo rispetto. E sulla verità: America e Islam non devono essere in competizione. Invece, si sovrappongono e condividono principi comuni, di giustizia e progresso, di tolleranza e dignità di tutti gli esseri umani". Barack Obama tende la mano agli islamici. Nell'attesissimo discorso, limato costanemente nelle ultime settimane dal presidente, pronunciato all'Università del Cairo davanti ad una folta platea, che più volte lo ha applaudito, Obama pone l'accento su ciò che unisce Stati Uniti e musulmani, dopo anni di "paura e diffidenza", che hanno invece evidenziato le differenze. E insiste sulla necessità di inaugurare una nuova era - anche se, riconosce, "non basterà un solo discorso a sradicare anni di diffidenza" - superando stereotipi negativi, da entrambe le parti. Sia sull'Islam che sugli Stati Uniti d'America: "Proprio come i musulmani non rientrano in un crudo stereotipo", dice, "lo stesso accade per l'America, che non è un impero interessato solo a sé stesso".

IL TESTO INTEGRALE DEL DISCORSO IN INGLESE

Citando spesso il Corano, il presidente ha ricordato i contributi dell'Islam alla civiltà occidentale, ha sottolineato come l'Islam sia "senza dubbio parte della storia degli Stati Uniti", ha ripercorso le proprie radici familiari a partire dal suo stesso nome, Barack Hussein Obama, per poi trattare molti altri argomenti. Dall'Afghanistan all'Iraq, dal terrorismo che dev'essere isolato e combattuto insieme, al conflitto israelo-palestinese, sostenendo la necessità di due Stati, dove israeliani e palestinesi possano vivere in pace e sicurezza. Ha parlato anche della complessa situazione mondiale e dell'Iran: anche in quest'ultimo caso, ha ricordato, "sarà difficile superare decenni di diffidenza, ma vogliamo guardare avanti invece che rimanere prigionieri del passato. Ora il punto non è ciò a cui l'Iran si oppone, ma piuttosto, che tipo di futuro vuole costruire". Questioni estremamente complesse, non certo facili da affrontare, ammette Obama. Ma si tratta di "interessi comuni, che potremo realizzare solo insieme", dice il presidente, isolando chi vuole "alimentare divisioni e impedire la via del progresso". Ecco i punti principali del discorso.

Combattere gli estremismi. "Qualsiasi cosa pensiamo del passato, non dobbiamo rimanerne prigionieri. I nostri problemi vanno affrontati in partnership e il progresso va condiviso. Ma la prima questione da affrontare è l'estremismo violento in tutte le sue forme. L'America non è e non sarà mai in guerra con l'Islam. Tuttavia, confronteremo senza tregua gli estremisti violenti che pongono un serio rischio alla nostra sicurezza. Il mio primo compito come presidente è proteggere il popolo americano".

Afghanistan. "Non vogliamo tenere le nostre truppe in Afghanistan, non cerchiamo basi militari lì e porteremmo volentieri a casa ogni soldato se fossimo convinti che non ci siano in Afghanistan e Pakistan estremisti violenti che vogliono uccidere quanti più americani possibile. Ma così non è. Ecco perché siamo parte di una coalizione di 46 paesi. E nonostante i costi, l'impegno dell'America non si indebolirà".

Iraq. "Gli eventi in Iraq hanno ricordato all'America la necessità di usare la diplomazia e creare consenso internazionale per risolvere i nostri problemi ogni volta che è possibile. Ora l'America ha una doppia responsabilità: aiutare l'Iraq a costruire un futuro migliore e lasciare l'Iraq agli iracheni. Le nostre brigate di combattimento saranno rimosse dal Paese il prossimo agosto e rispetteremo l'accordo con il governo iracheno democraticamente eletto di ritirare tutte le truppe dall'Iraq entro il 2012".

Israele e Palestina, due stati. "I forti legami degli Stati Uniti con Israele sono noti. Questo legame è indistruttibile e l'aspirazione ad una patria per gli ebrei è radicata in una storia tragica che nessuno può negare. Al tempo stesso, è allo stesso modo innegabile che il popolo palestinese abbia sofferto nella ricerca di una patria. La situazione della gente palestinese è intollerabile. E l'America non girerà le spalle alla legittima aspirazione palestinese alla dignità, a ciò che è opportuno e ad uno stato proprio. L'unica soluzione è che l'aspiarazione di entrambe le parti sia realizzata attraverso due stati, dove israeliani e palestinesi possano vivere in pace e sicurezza. E' nell'interesse di Israele, della Palestina, dell'America e del mondo. I palestinesi devono abbandonare la violenza. Hamas deve riconoscere gli accordi passati ed il diritto di Israele ad esistere. Israele deve rispettare l'obbligo di permettere ai palestinesi di vivere, lavorare e sviluppare la propria società".

Iran. "Invece di rimanere intrappolati nel passato, il mio paese è pronto ad andare avanti. Il confronto sul controverso programma nucleare iraniano è a una svolta decisiva. Non riguarda solo gli interessi americani, ma si tratta di prevenire una corsa agli armamenti nucleari in Medio Oriente che potrebbe portare la regione e il mondo intero lungo un cammino molto pericoloso. Riaffermo l'impegno dell'America per un mondo senza armi nucleari, ma ogni nazione, Iran compreso, dovrebbe avere diritto ad avere accesso al nucleare per scopi pacifici, se rispetta gli obbligli del Trattato di non proliferazione nucleare".

Democrazia. "Nessun sistema di governo può o deve essere imposto da una nazione ad un'altra. Ma questo non riduce il mio impegno per avere governi che riflettano la volontà della gente. L'America non presume di sapere ciò che è meglio per tutti, ma ho la convinzione certa che tutti i popoli desiderino alcune cose: la possibilità di poter affermare le proprie opinioni e poter avere voce su come si è governati. La fiducia in una legge uguale per tutti e in una giusta amministrazione, un governo trasparente, che non si approfitti della cittadinza, che sia onesto, e la libertà per ciascuno di scegliere la vita e lo stile di vita che preferisce. Queste non sono idee americane, ma diritti umani di base, che sosterremmo e per cui combatteremo ovunque".

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05/06/2009 13:54

Come da copione in politica estera è già da tra i presidenti più attivi del dopoguerra. Dando una riguardata a tutte le notizie presenti nella discussione si fa fatica a star dietro ad un presidente che ricuce i rapporti con America latina, Cuba, Medio Oriente ed Europa nel giro di 4 mesi (per riparare i danni di 8 anni di presidenza Bush...)!
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05/06/2009 20:16

Inizio ad essere fiducioso anche io, speriamo non tradisca quanto ha fatto fino ad ora!
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05/06/2009 22:07

...effettivamente la fiducia sale...


Obama con la Merkel a Buchenwald
"Questa è la risposta a chi nega l'Olocausto"


DRESDA - E' la Germania la prima tappa europea del viaggio di Barack Obama oltreoceano, dopo il passaggio mediorientale con lo storico discorso tenuto ieri al Cairo, rivolto al mondo islamico. Il presidente americano Barack Obama ha incontrato oggi il cancelliere tedesco Angela Merkel a Dresda. Una giornata densa di significati simbolici, che culmina con la visita al campo di concentramento di Buchenwald, dove Obama incontra il premio Nobel per la pace Elie Wiesel e riprenderà il tema della Shoah. A questo proposito, in un'intervista prima della visita, il presidente ha lanciato una prima stoccata al leader iraniano Ahmadinejad. Alla domanda se il presidente iraniano avesse qualcosa da imparare dalla sua visita, Obama ha risposto: "Dovrebbe venirci di persona. Non ho pazienza per chi nega la storia. E la storia dell'Olocausto non è cosa su cui si possa discutere".

La Merkel si è recata presso l'albergo dove alloggia il capo della Casa Bianca e i due leader hanno poi visitato insieme il Gruenes Gewolbe, nel Castello di Dresda, il museo d'Europa più ricco di tesori. Poi, in una conferenza stampa congiunta, hanno riaffermato che per il Medio Oriente, tema al centro del successivo faccia a faccia dopo il tour di Obama culminato nel discorso del Cairo, c'è bisogno di "una soluzione a due Stati".

Il processo di pace. "Il discorso di Obama è molto importante", ha detto la cancelliera tedesca, Angela Merkel, nel corso della conferenza stampa congiunta con il presidente Usa, riferendosi al discorso del Cairo. Obama ha ribadito che "è adesso il momento" di agire per arrivare a una pace in Medio Oriente "basata sui due Stati", quello israeliano e quello palestinese. E ha aggiunto che con il suo discorso al Cairo gli Usa hanno creato "il clima" e lo spazio per far ripartire i negoziati, ma ora spetta alle parti compiere "scelte difficili" perché l'America non può fare la pace da sola. Merkel ha aggiunto che con l'amministrazione Usa si è creata "un'opportunità unica per far ripartire il processo di pace".

Dialogo con l'Iran. Gli Stati Uniti, ha spiegato il presidente, sono pronti ad avviare "un dialogo serio" con l'Iran che dovrà essere portato avanti in collegamento con il "5+1", il gruppo di mediatori formato dai membri permanenti del Consiglio di sicurezza dell'Onu più la Germania. "Dobbiamo evitare una corsa agli armamenti in Medio Oriente", ha sottolineato il presidente Usa.

La questione Guantanamo. Il capo della Casa bianca ha parlato anche di Guantanamo, una "questione spinosa" non solo per gli Usa ma "a livello internazionale", per risolvere la quale "ci vorrà del tempo". E ha precisato di non aver chiesto né ricevuto dalla Germania alcun impegno riguardo alla custodia dei detenuti. Ma gli Stati Uniti hanno chiesto all'Ue di "aiutare e lavorare con noi" per arrivare alla chiusura del carcere. Obama ha aggiunto come Guantanamo sia divenuta una "struttura simbolo" che però "non rappresenta le nostre tradizioni, i nostri ideali, il nostro stato di diritto". Merkel ha ricordato come il suo governo sia sempre stato "in favore della chiusura della struttura": "Continueremo a dialogare per cercare una soluzione, sono certa che la troveremo".

Crisi e settore auto. Nel colloquio fra i due leader si è parlato anche di crisi economica "riaffermando la necessità di non accettare il protezionismo", bisogna "garantirci che manterremo aperte le frontiere". Allo stesso tempo Obama - senza fare nomi - ha aggiunto di essere "felice di vedere la soluzione della situazione qui in Germania" del settore automobilistico. "Non è facile aiutare la ristrutturazione del settore" ma "spero che vedremo stabilizzarsi e tornare forti" le industrie interessate. Il capo della Casa Bianca ha detto di aver visto "qualche progresso" nei tentativi di riportare stabilità alla economia mondiale, e di avere concordato con Merkel che occorre "lavorare insieme strettamente" per continuare questi progressi.


Obama firma il registro d'Onore del castello di Dresda

La visita a Buchenwald. Il momento di maggior impatto della giornata è stata la visita di Obama al lager nazista di Buchenwald, il più grande campo di concentramento sul suolo tedesco, dove morirono 56mila prigionieri, di cui circa undicimila ebrei, e altre decine di migliaia prigionieri di guerra sovietici e prigionieri politici.

Oltre che dalla Merkel e dal premio Nobel per la pace Elie Wiesel, sopravvissuto all'Olocausto, Obama è stato accompagnato nella visita del campo di concentramento anche da Bertrand Hertz, un altro sopravvissuto ora presidente del Comitato internazionale degli ex internati di Buchenwald-Dora. I quattro hanno deposto una rosa bianca sul monumento che ricorda "tutte le vittime" del campo di sterminio. Obama ha chinato lievemente la testa, in raccoglimento, prima di allontanarsi dal memoriale.

Nel discorso tenuto nel campo, Obama ha ricordato: "L'indignazione per quanto è avvenuto non è diminuita". Parlando accanto alla Merkel, Obama ha ripreso il riferimento al presidente iraniano e ai negazionisti della Shoah, ricordando che "alcuni negano ancora che l'Olocausto sia mai avvenuto", e che "è necessario essere vigili contro la diffusione del male ai nostri tempi". Alla Merkel poi, un particolare omaggio: "Non deve essere facile guardare al proprio passato con tanta chiarezza, e la capacità di far sì che non possa accadere di nuovo". La cancelliera, dal canto suo, rendendo omaggio a tutte le vittime, ha ricordato: "Qui a Buchenwald, vorrei sottolineare un obbligo che ricade su noi tedeschi, come conseguenza del nostro passato: dobbiamo difendere i diritti umani, dobbiamo difendere lo stato di diritto e difendere la democrazia. Dobbiamo combattere contro il terrorismo, l'estremismo e l'antisemitismo. E soltanto con la consapevolezza delle nostre responsabilità potremo lottare per la pace con i nostri amici alleati negli Stati Uniti e nel resto del mondo".

Obama ha proseguito la visita del campo ascoltando le spiegazioni del Nobel Wiesel, il cui padre è morto a Buchenwald tre mesi prima della liberazione del campo nel 1945. Il presidente Usa ha una connessione familiare col campo: il pro-zio materno Charlie Payne, in Europa con le truppe americane, fu tra i liberatori di un campo satellite di Buchenwald. Tornò sconvolto dalla esperienza. L'uomo, che ha 84 anni, vive a Chicago. Non a caso, Merkel ha parlato di un viaggio la cui natura "è altamente simbolica". Infine il capo della Casa Bianca visiterà l'ospedale militare americano di Landstuhl, dove vengono curati soldati feriti provenienti da Iraq e Afghanistan. In serata sarà in Francia, dove domani parteciperà alle celebrazioni per il 65esimo anniversario dello sbarco in Normandia. Il tour si concluderà con un weekend a Parigi.

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05/06/2009 22:14

Si presenta in banca e dice: «Voglio uccidere Obama. Molti moriranno»

Daniel James Murray (da nydailynews.com)


WASHINGTON – Il Secret Service e le polizie di mezza America sono alla caccia di Daniel James Murray. L’uomo ha raccontato all’impiegato di una banca di «essere in missione» per uccidere il presidente Obama. E gli investigatori hanno precisato che ha otto armi da fuoco registrate a suo nome. È il 19 maggio. Murray si presenta agli sportelli della Zion Bank a Sant George, nello Utah, e apre un conto depositando 85 mila dollari. Durante le operazioni chiede se la banca è affidabile, parla del disastro economico sotto la presidenza di Obama e non esclude che qualche persona in bancarotta possa uccidere. Il 27 torna in banca, ritira 13 mila dollari. Devono essere tutti in banconote da 50 – chiede – e provenienti mazzette diverse. Poi si lancia in strani discorsi, predice il fallimento del sistema bancario: «Molte persone moriranno…Ci sarà il caos nel mondo». Quando il cassiere gli consegna il denaro, Murray afferma testuale: «Noi siamo in missione per uccidere il presidente degli Stati Uniti».

TENSIONI - L’uomo si sposta su una vecchia Buick LeSabre modello 2001 ed è originario di New York. Secondo la polizia è stato segnalato di recente in California, Utah, Georgia, Oklahoma, California e Texas. Negli ultimi mesi, è cresciuto il numero dei cittadini americani che accumulano scorte, armi e munizioni nel timore che la crisi economica porti a esplosioni di violenza e rivolte. Una tendenza «survivalista» che ha trovato sponda anche in alcuni ambienti estremisti che associano i problemi sociali all’elezione di Obama.


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[Modificato da cuix 05/06/2009 22:16]
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06/06/2009 15:53


Una tendenza «survivalista» che ha trovato sponda anche in alcuni ambienti estremisti che associano i problemi sociali all’elezione di Obama.



Che ci siano gruppi estremisti (o meglio razzisti) che vogliono uccidere Obama si sa da ancora prima delle elezioni... senza contare le lobby contrarie alle sue politiche sociali (vedi le case farmaceutiche, per dirne una) che puntano a screditarlo e alimentano paura e pessimismo... insomma, di gente potente contro ne ha in abbondanza!
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